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La più antica chiesa triestina verso il restauro anti umidità

Un finanziamento regionale permetterà di fermare il degrado di San Silvestro. A luglio la partenza del cantiere con la protezione dell’involucro e delle facciate

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TRIESTE Silvestro, papa e santo, coevo di Costantino imperatore, è il protettore di muratori e tagliapietre. Chi allora è meglio titolato nell’essere auspice del restauro della basilica a lui dedicata e situata al termine della scalinata di Santa Maria Maggiore, restauro finanziato dalla Regione Fvg con un contributo di 237 mila euro, che aprirà il cantiere nell’edificio sacro più antico di Trieste ai primi di luglio, una volta ottenute le necessarie autorizzazioni dalla Soprintendenza.

Gli uffici di palazzo Economo riceveranno a febbraio il progetto di straordinaria manutenzione elaborato dagli architetti Andrea Dapretto, già presidente dell’Ordine e assessore nella giunta Cosolini, e Piero Ongaro. La risorsa regionale non è sufficiente a un intervento integrale, per cui - premette la relazione dei progettisti - l’obiettivo primario, sul quale concentrare le pubbliche disponibilità, mira alla difesa della chiesa dall’ingressione di acqua e dal conseguente degrado. Nemico principale, dunque, l’umidità che infradicia le vetuste pareti di un edificio che risale alla seconda metà del XII secolo e che, nonostante i tre restauri del secolo scorso, oggi occorre di drastiche terapie.



Nel pungente freddo dell’interno, Dapretto&Ongaro mostrano le situazioni di maggiore bisogno, quelle più interessate dalle infiltrazioni, dalla condensa, dai percolamenti: «L’opera consisterà soprattutto nella protezione dell’involucro e delle facciate, nella pulizia del rosone». «Restano fuori - dicono gli architetti - i pavimenti, il riscaldamento, gli arredi, la bussola dell’ingresso. Speriamo che, quanto ci accingiamo a realizzare, sia solo un primo lotto di lavori, al quale possa seguire il logico completamento».

Ad aprire la porta che conduce in chiesa, l’avvocato Stefano Sabini, curatore della comunità evangelica di confessione elvetica, accompagnato da Armando Costessi, uno dei quattro componenti del presbiterio insieme a Manlio Sossi e ad Annemarie Graf. La comunità - che afferisce alla fede riformata svizzera e alla riflessione teologica di Huldreich Zwingli e di Heinrich Bullinger - acquistò l’edificio religioso in seguito all’asta indetta nel 1785, quando alla vetta del Sacro romano Impero c’era Giuseppe II, figlio di Maria Teresa: la base d’asta era di 1550 fiorini, alcuni maggiorenti svizzeri evangelici (Frohn, Griot, Planta, Romedi, Janatzi, Roner, Dolfi, Maroni, ricorda Andrea Sossi nella pubblicazione edita dal Rotary) misero sul tavolo 2120 fiorini. Le autorità ecclesiastioche cattoliche non gradirono. La basilica di San Silvestro cambiò nome e venne dedicata a Cristo Salvatore.



I membri della comunità operavano tradizionalmente nelle costruzioni, nel commercio, nella somministrazione di bevande: distribuiti in più fasi di arrivi, si ricordano i nomi Bischoff, Danz, Casparis, Giacometti, Bois de Chesne, de Escher. Molti provenivano dai Grigioni, come attesta la stessa denominazione dello spazio antistante la facciata. Il passaggio all’Italia, dopo il primo conflitto mondiale, ridusse l’attrattività di Trieste per l’entroterra svizzero e questo finì con il ripercuotersi sulla consistenza della comunità. Oggi gli evangelici di confessione elvetica a Trieste, con diritto di voto, sono 29. Le altre principali comunità in Italia sono a Milano, Genova, Firenze. Adiacente alla chiesa, in piazzetta San Silvestro, lo stabile che ospita gli uffici e la biblioteca ricca di 3500 volumi. Proprietà della comunità è anche lo stabile in via Torrebianca 41, progettato da Matteo Pertsch. Per decenni, in seguito a una convenzione sottoscritta nel 1927, i Valdesi poterono celebrare i loro riti nella basilica.

Dapretto&Ongaro riportano nella loro relazione la scheda dedicata a San Silvestro pubblicata nell’Atlante dei beni culturali, che ha coordinato lo sforzo di ricerca di pubbliche amministrazioni e di istituzioni scientifiche. La basilica in stile romanico venne costruita probabilmente nella seconda metà del 1100 su commissione del vescovo Bernardo. Ma la tradizione popolare, come si rileva da una lapide risalente al 1672, tramandava che la primigenia chiesa risalisse addirittura al IV secolo dopo Cristo, nell’area dove in precedenza risiedevano le martiri cristiane Tecla ed Eufemia. Molti i rimaneggiamenti susseguitisi nel corso dei secoli, soprattutto in epoca barocca. Infatti, quando nel 1927 toccò a Ferdinando Forlati metter mano alla basilica, la principale preoccupazione del restauro fu quella di alleggerire la chiesa da tutte le strutture barocche «riportandola così alle sue linee romaniche originali». Nel 1963 nuovo intervento, questa volta di emergenza, perchè i lavori di costruzione della scalinata da via del Teatro romano determinarono gravi dissesti statici: il restauro fu ultimato nel 1967. L’ultimo, significativo intervento data 1990. A distanza di 28 anni urge un energico ripasso.

 

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