Tragedia in Val Rosandra: «I due avevano scarpe e cordini di quarant’anni fa»
Il racconto di un soccorritore: «Le vittime avevano attrezzature buone ma antiquate. Il limite? Non è l’età bensì il buon senso»

A Trieste morti due alpinisti rimasti appesi sulla ferrata
TRIESTE. «Che io ricordi, una cosa del genere non era mai successa». Gabriele Pellizer è uno dei membri della squadra di Soccorso alpino che nella serata di giovedì hanno cercato e trovato i corpi di Roberto Nardini e Giorgio Peressoni in Val Rosandra. Un’operazione non facile che ha richiesto tempo e fatica, nel cuore della notte.
Come si è svolto l’intervento?
I due escursionisti sono partiti al mattino per questa escursione sul sentiero attrezzato con la ferrata. Non sono rientrati a pranzo come facevano di solito, quindi la moglie ha attivato i soccorsi con la polizia di Stato. Noi siamo stati attivati alle nove di sera e quindi siamo arrivati sul posto circa alle nove e dieci. Tempo un quarto d’ora, venti minuti, e li abbiamo ritrovati appesi sulla ferrata. Purtroppo tutti e due erano già morti.
Alpinisti morti: "Avevano attrezzature di 40 anni fa"
Lei che idea si è fatto della dinamica?
Non è semplice da capire. Molto probabilmente il più giovane dei due, quello caduto per primo, ha avuto un malore forse provocato dal gran caldo. A quel punto dev’essere scivolato di un metro rimanendo appeso con il cordino attorno alla vita. Era sospeso in una zona dove non poteva poggiare i piedi. Il suo compagno ha provato a salvarlo scendendo ma è rimasto a mezz’aria anche lui, a testa in giù. In questi casi subentra la sindrome da sospensione, si resta sospesi per un periodo, il sangue non circola più e si va subito in svenimento. A quel punto non c’è più molto da fare.
Com’erano equipaggiati i due alpinisti?
Molto bene, anche se con attrezzatura datata. Avevano scarpette, zaini, scorte d’acqua, il cellulare: tutto quel che si deve portare quando ci si avventura in una zona impervia. Sia le scarpette che i cordini e le imbragature erano quelle che si usavano trenta o quarant’anni fa.
Sarebbe cambiato qualcosa se avessero avuto dotazioni più recenti?
L’attrezzatura vecchia non aiuta, quella moderna magari ti dà qualche chance in più. Ma in quelle condizioni, con quel caldo e a quell’età non so comunque se ce l’avrebbero fatta.
Come si sono svolte le operazioni di recupero?
Abbiamo dovuto portare su un medico del 118 imbragato per constatare il decesso. Poi abbiamo dovuto fare lo stesso con la polizia scientifica, per tutte le verifiche del caso. Infine abbiamo fatto la calata delle salme. Su una parete di sessanta metri, al buio, non è stato affatto facile. Che io ricordi una cosa del genere non era mai successa.
La Val Rosandra è da sempre una palestra per gli scalatori, ma resta comunque un luogo pericoloso.
Non servono le grandi pareti da 400 metri per correre dei pericoli. Quelle della Val Rosandra sono state attrezzate dal Cai proprio allo scopo di istruire gli escursionisti, renderli famigliari con l’attrezzatura e la ferrata. Non ci sono altezze enormi, ma basta il metro in cui non si possono poggiare i piedi per ritrovarsi sospesi nel vuoto. A quel punto, se svieni per un malore o per la sindrome da sospensione resti appeso lì.
C’è un’età consigliabile per questo genere di attività?
No, non c’è. Se una persona ha buon fisico, è ben attrezzata e ha le capacità tecniche adeguate, può farlo a qualunque età. Conosco alpinisti ottantenni che praticano la disciplina senza problemi. Lo stesso Spiro Dalla Porta Xidias a oltre ottant’anni fece un’arrampicata di quinto grado. Il limite non è l’età ma il buon senso.
Quindi come bisogna comportarsi?
Nella settimana più calda dell’anno il buon senso mi dice di andare in parete fra le sei e le sette del mattino, oppure alle sette di sera. Non alle dieci e mezza, con una temperatura di 38, 40 gradi. In quell’orario e con quel caldo io sconsiglierei anche una passeggiata, anche a persone giovani. In un ambiente severo, ostile, basta un piccolo errore per ritrovarsi in una situazione da cui non si esce.
Possibile che nessuno li abbia scorti?
È normale che con queste temperature nessuno vada lì, a parte qualche appassionato che però ci va in altri orari. Probabilmente hanno provato a gridare o chiedere aiuto, ma non c’era nessuno che potesse sentirli o vederli. Se non sei sulla ferrata, è impossibile accorgersi di una cosa del genere.
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