L’arrivo di Putin a Budapest sdogana l’Armata Rossa
Inaugurato in un cimitero militare alla presenza dell’ambasciatore del Cremlino un monumento ai caduti di Mosca: «Tassello della nostra grande cooperazione»
di Stefano Giantin
BELGRADO. I tempi cambiano. E il fronte dei Paesi europei dell’ex blocco sovietico, insorti nel corso degli ultimi decenni contro i monumenti che rievocano il giogo di Mosca, sembra sfilacciarsi, un po’ a sorpresa. Sorpresa perché a rompere le fila è oggi l’Ungheria, sottoposta fino al 1989 a uno dei regimi comunisti più oppressivi e dolorosamente segnata dalla sanguinosa repressione della rivoluzione del 1956. Ma mentre in altre nazioni dell’Europa orientale si continua con la rimozione delle vecchie statue sovietiche, proprio in Ungheria, a Esztergom, cittadina poco distante da Budapest e teatro di alcune fra le più aspre battaglie tra tedeschi e Armata Rossa nell’ultima guerra, è apparso nei giorni scorsi un nuovo monumento. È dedicato proprio ai caduti russi di entrambe le guerre mondiali, inclusi quelli della sempre invisa, almeno in Ungheria, Armata Rossa.

Il monumento è stato svelato in un cimitero militare che conserva le spoglie sia di prigionieri russi morti in campi di concentramento durante la Grande Guerra, sia di militari dell’Armata rossa uccisi durante la durissima campagna per la liberazione dell’Ungheria dalle forze di occupazione naziste. L’«Angelo della pace», con iscrizioni in russo e ungherese, è stato scoperto alla presenza dell’ambasciatore russo a Budapest, Vladimir Sergeev, visibilmente soddisfatto per l’iniziativa - sostenuta dalle autorità locali - alla quale ha dato un autorevole imprimatur la presenza del segretario di Stato magiaro alla Giustizia, Pal Volner. Sergeev non ha lesinato lodi all’iniziativa, definendola esempio e «tassello importante della grande cooperazione» che, oggi, lega Mosca a Budapest.
Il monumento del resto ha un forte valore, almeno per la Russia che l’ha interpretato come una mano tesa verso il Cremlino. «È altamente simbolico che il monumento sia stato inaugurato alla vigilia della visita del presidente russo in Ungheria», ha sottolineato la feluca ricordando la visita di Vladimir Putin nella capitale magiara, in programma il 2 febbraio. Visita assai importante, soprattutto perché si discuterà del tema energia intorno al quale si intrecciano gli interessi di Ungheria e Russia. Sul tavolo, l’affare miliardario dell’espansione della centrale nucleare magiara di Paks con investimenti russi e la questione vitale degli approvvigionamenti di gas russo all'Ungheria dopo il 2021. Confronto, quello tra il premier ungherese Viktor Orbán e Putin, che potrebbe essere in qualche modo ammorbidito dal monumento ai soldati russi. Una statua e una visita, quella di Putin, che «confermano ancora una volta l’alto livello e la dinamica della nostra cooperazione», ha confermato l’ambasciatore Sergeev.
Il quale, nell’occasione, ha suggerito ad altri Paesi che un tempo furono nell’orbita di Mosca di calcare le orme di Budapest. Lo ha fatto citando le parole del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, che ha stigmatizzato la «disonorevole guerra» mossa contro i «memoriali ai soldati sovietici in vari Paesi Ue, dove i monumenti dedicati a chi diede la vita per liberare prigionieri dai lager e salvare l’Europa dalla piaga» nazista vengono abbattuti, rimossi o dimenticati. Un riferimento in particolare alla Polonia, dove rimangono in piedi alcune centinaia delle migliaia di monumenti un tempo intitolati all’Armata Rossa. Alla Bulgaria, dove a intervalli regolari viene deturpato il monumento ai soldati Urss eretto a Sofia. E ai Paesi baltici, Lettonia in testa, dove l’anno scorso sono state raccolte diecimila firme per demolire il “Monumento ai liberatori”, nel centro di Riga.
L’Ungheria, invece, sembra aver segnato un «cambio di rotta» e il nuovo monumento «è un passo avanti per archiviare i giorni delle relazioni negative» e gettare le basi «per un futuro migliore», il commento dello storico Martin McCauley, citato da RussiaToday, voce del Cremlino che ha dato ampio spazio alla notizia del memoriale. E a un monumento che segna un ulteriore avvicinamento tra due nazioni fino a pochi anni fa distanti e sospettose l’una dell’altra.
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