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Lo smog soffoca i paesi dell’Est. Parte la protesta

L’inquinamento provoca più morti che in Cina. Abitanti in piazza dalla Croazia al Kosovo

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Lo smog soffoca i Paesi dell'Est 

BELGRADO. Vecchie auto ancora circolanti, che sbuffano fumi neri. Stufe a legna e carbone per riscaldarsi e centrali a lignite a produrre elettricità. E industrie obsolete, almeno quelle che ancora funzionano e che non sono state distrutte da guerre, crisi e privatizzazioni selvagge. Sono questi i principali ingredienti del grande smog balcanico, forse non paragonabile a quello della Londra Anni Cinquanta. Ma non meno letale.

Smog che, come ogni inverno, sta soffocando gran parte dei Balcani, da Belgrado a Skopje, da Sarajevo a Tirana. Lo confermano i dati disponibili su Internet, come quelli del World Air Quality Index, che include 70 Paesi e 9.000 stazioni di rilevamento. Indice che, basandosi sulle classificazioni dell’inquinamento dell’Epa, l’agenzia ambientale Usa, rivela che i Balcani sono sempre più avvelenati da fumi e gas.

Qualche esempio, utilizzando i dati del 19 dicembre e la scala Epa da 0, aria purissima, a 500, fetida. Belgrado ha registrato un indice 123, cioè aria «malsana per gruppi sensibili». Nis, 174, livello «nocivo». E poi la Bosnia, con Sarajevo a 184, Novi Travnik con 308, ma soprattutto Zenica, città industriale insediata in una stretta vallata, 537 e inquinamento «pericoloso» con «condizioni di emergenza per l’intera popolazione».

Più a sud, Pristina, a un tiro di schioppo dalle vecchie centrali a carbone erette ai tempi di Tito, che ancora forniscono energia al Kosovo: 292, livello «assai malsano». E la triste lista potrebbe continuare, come ogni inverno, come ogni anno, anche per altre località in Albania, Romania, Bulgaria.

Non sorprende allora che in più aree dei Balcani la gente si sia stancata di respirare fumi tossici. Lo sono gli abitanti di Slavonski Brod, Croazia, che sono scesi in piazza domenica per protestare contro i fumi che provengono dall’altra parte del confine segnato dal fiume Sava, dalla raffineria di Bosanski Brod, in Bosnia.

«Vogliamo aria pulita», «difendiamo i bambini», si poteva leggere sui cartelli innalzati da qualche centinaio di “brodjani” arrabbiati. Talmente arrabbiati da aver minacciato di bloccare la frontiera tra Croazia e Bosnia, per denunciare l’inazione delle autorità di entrambi i Paesi.

«Con questa manifestazione vogliamo dire alle autorità bosniache, croate e al management della raffineria che tutte le possibilità di discussione si sono esaurite, servono fatti», ha urlato uno dei rappresentanti del gruppo «Kad ako ne sad?», se non ora quando, fra gli organizzatori delle proteste.

Proteste che non sono circoscritte a Slavonski Brod. Anche a Pristina, nei giorni scorsi, attivisti hanno piazzato manichini con maschere sulla bocca nel centro della capitale kosovara. «Il killer invisibile» è tra di voi e «avete distrutto i miei polmoni», i cartelli appesi sul petto dei fantocci dal gruppo di attivisti “Scienza per il cambiamento” e “Peer Educator Network”, che stanno raccogliendo firme per imporre al governo regole severe per ridurre l’inquinamento.

Stesso discorso nella non distante Skopje, incuneata in un’ampia vallata, dove nelle scorse settimane militanti sono scesi in piazza al grido di «aria pulita», indossando maschere antigas: «Quattro macedoni ogni giorno muoiono d’inquinamento». Ma non solo Skopje respira male. Secondo i dati delle autorità locali, da giorni lo smog la fa da padrone anche a Veles, Tetovo, Kicevo, Bitola. Dati e allarmi che non sorprendono.

Secondo i più recenti studi dell’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, sono quasi tutti nei Balcani e nel vicino Est i Paesi dove si muore di più per smog. Nella triste classifica primeggia l’Ucraina, con 120 morti per inquinamento ogni 100.000 abitanti, seguita dalla Bulgaria (118), da Bielorussia (100) e Russia (98). Arriva poi la Bosnia, con 92.

Si respira male e si muore anche in Ungheria (82), Romania (73), Polonia (69), Macedonia e Croazia (66), Albania (64), Serbia e Montenegro (61). Un termine di paragone? In Italia le morti sono 35 ogni 100.000 persone, 33 in Germania, 76 nell’inquinatissima Cina. Ma i Balcani, almeno in questo, hanno poco da invidiare a Pechino.

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