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Guariniello: «Sui morti per amianto killer non guardare solo il cantiere»

L’ex magistrato suggerisce di verificare l’esposizione ambientale a Monfalcone: «Necessario un osservatorio nazionale sui tumori a supporto della giustizia»

2 minuti di lettura
L'ex magistrato Raffaele Guariniello 

MONFALCONE Monfalcone non è Casale Monferrato, ma l'esposizione all'amianto è stata ugualmente pervasiva. Basta fare mente locale al numero di vittime che l'esposizione al minerale killer sta ancora provocando e provocherà nei prossimi anni. Differenze e analogie sono note al magistrato Raffaele Guariniello, che nel 2009 ha istruito il processo contro Stephan Schmidheiny, ex presidente del consiglio di amministrazione dell’Eternit AG, assieme al fratello Thomas, e il barone belga Louis De Cartier de Marchienne, ritenuti responsabili delle numerose morti per mesotelioma avvenute tra gli ex-dipendenti delle fabbriche Eternit a contatto con l’asbesto.

A Monfalcone ieri come relatore in seminario dello Ial Fvg sulla sicurezza alimentare, il magistrato, in pensione dalla fine dello scorso anno, ha però invitato a porre attenzione anche a una possibile “esposizione ambientale” all'amianto. Quindi subita da di chi stava fuori il cantiere navale o vi abitava vicino.

 

Il monumento che ricorda le vittime di amianto 

 

A Monfalcone finora non si è mai parlato di un’esposizione ambientale all’amianto. Ritiene che la questione andrebbe approfondita?

La situazione di Casale Monferrato è di certo diversa, perché l’esposizione della popolazione è stata diffusa: l'azienda regalava i sacchi di polverino per fare i lavori in casa. A Casale muoiono 50 persone all’anno e ormai sono solo cittadini, non sono più lavoratori. Anche qui, però, si potrebbe effettuare una verifica.

Come?

Utilizzando il Registro nazionale dei mesoteliomi, se ci sia stata un’esposizione delle persone non legata all’ambiente di lavoro. O si potrebbe effettuare uno studio epidemiologico. C’è comunque, parlando a livello generale e sapendo che in questa regione si è più avanti che in altre rispetto a monitoraggio e bonifiche, ancora un problema diffuso di esposizione della popolazione. Il sisma del 24 agosto l’ha confermato, visto l’amianto presente nelle macerie. C’è bisogno di un monitoraggio costante, anche sullo stato d’usura dell’Eternit.

 

 

Nel frattempo le vicende processuali legate alle vittime prodotte dall’esposizione all’amianto nel cantiere navale stanno procedendo, anche se, per i familiari e le associazioni degli esposti, con lentezza. Qual è il suo giudizio?

Vede, processi di questo tipo sono molto complessi e richiedono una presenza giudiziaria molto specializzata e organizzata. Da quanto ne so, la Procura di Gorizia non può contare su molti magistrati a disposizione. È un fenomeno che però riscontro in molte parti d’Italia, dove i processi non si sono nemmeno potuti istruire. Qui ritengo ci sia in ogni caso una notevole attenzione da parte dell'autorità giudiziaria.

Ci sono degli strumenti che potrebbero consentire di velocizzare indagini e processi?

Dalle esperienze effettuate sono emerse due esigenze per affrontare i processi. La prima riguarda la creazione di un Osservatorio nazionale sui tumori professionali, perché i Registri regionali non hanno una finalità giudiziaria e quindi sono utili per realizzare degli studi teorici, ma non per istruire i processi. Uno strumento del genere consentirebbe anche di recuperare eventuali casi di cittadini che siano stati colpiti da mesotelioma. Nella procura di Torino un osservatorio del genere è attivo da 20 anni e finora ha segnalato 30mila casi per verificare se vi sia stata un’esposizione ambientale o lavorativa.

 

 

Vedendo, dall’esterno, i processi che sono stati istruiti dalla Procura di Gorizia, credo si possa dire che questa zona è stata seguita con attenzione dall’autorità giudiziaria. Lo ripeto: ci sono altre zone in cui i processi non si fanno proprio. Ci sarebbe, però, la necessità di creare un’Agenzia nazionale che abbia una competenza su tutto il territorio italiano e sia dotata dell’organico e della specializzazione necessari per affrontare questo tipo di problemi. Questi due organismi potrebbero dare una risposta di giustizia.

Anche a livello locale si è chiesta maggiore attenzione sui materiali che hanno sostituito l’amianto nella coibentazione, come la lana di roccia e la lana di vetro. Cosa ne pensa?

Credo si debba essere molto attenti e studiare i materiali che hanno sostituito l'amianto, un materiale efficacissimo e che quindi ha avuto ed ha ancora a livello internazionale una grande diffusione. In Italia è stato vietato nel 1992, ma esistono comunque settori in cui ci si è mossi con ritardo, come quello delle Forze armate, in particolare della Marina. Lo dico da consulente esterno della Commissione parlamentare della Camera dei deputati. Nel pubblico, purtroppo, ci sono stati forse più ritardi che nel privato. La questione è che si tratta di un problema che stiamo affrontando con strumenti obsoleti, anche se, va riconosciuto, si è fatto molto in quasi 25 anni.

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