Caso Regeni, la moglie di Luchetta al sindaco: «Giusto onorarlo con una via»
«Parliamo di un ragazzo che è cresciuto e ha studiato nel territorio. Perché non avere un posto che lo ricorda per onorarlo un po’ di più?»
di Marco Ballico
TRIESTE. Roberto Dipiazza, all’ex governatore Renzo Tondo che proponeva di intitolare una via a Giulio Regeni, non solo a Fiumicello ma pure a Trieste, ha risposto che no, sarebbe meglio evitare differenze con le famiglie «che piangono i loro cari, assassinati mentre cercavano di fare luce su fatti a dir poco scomodi».
Il sindaco del capoluogo giuliano ha citato Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Marco Luchetta: per loro niente vie. Daniela, la moglie di Marco, ha letto e non ci sta: «A me e alla mia famiglia non crea alcun problema, tanto meno fastidio, che Giulio Regeni possa avere una via a lui intitolata».
Le è dispiaciuto che Dipiazza la pensi in modo diverso? L’ho trovata una forzatura. Sono storie diverse, non vanno anteposte l’una all’altra. E non serve usare il bilancino su vicende del genere. Ogni amministrazione comunale deve prendersi la responsabilità di commemorare le persone che ritiene meritevoli.
Giusto dunque pensare di intitolare una via a Regeni? Non avrei nulla in contrario. Anzi, non ci troverei niente di male. Parliamo di un ragazzo che è cresciuto e ha studiato nel territorio. Perché non avere un posto che lo ricorda per onorarlo un po’ di più? Certo, è aperta un’inchiesta e ci sono tempi da rispettare. Ma, una volta terminata la procedura, perché non pensare a una via Regeni? Potrebbe tra l’altro dare sollievo a una famiglia che soffre.
Che pensiero ha per loro dopo una settimana di polemiche? Che gli serva appunto un aiuto, non polemiche strumentali.
E invece c’è stata la guerra degli striscioni. Tristissima vicenda. La Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin ha dato un premio alla memoria di Giulio il 30 giugno e ha continuato ad appoggiare continuativamente la campagna della famiglia.
Spille e adesivi del nostro stand sono stati distribuiti ben prima del caso aperto dal sindaco. Credo fermamente nell’azione di sostegno alla ricerca della verità. Indipendentemente che la verità, alla fine, la troviamo oppure no.
A Dipiazza che cosa si sente di dire? L’ho sentito parlare in Consiglio comunale e ammettere la debolezza di avere agito di pancia, infastidito dalla prima pagina di un quotidiano. Dovrebbe a questo punto anche avere il coraggio di prendere atto che è stato fatto un grande torto. Con la conseguenza di aggiungere inutilmente dolore a dolore ai familiari del ragazzo.
Fa appello al sindaco a ripensarci? Mi piacerebbe lo facesse, ma non ho la presunzione e l’ambizione di chiederglielo. Da ciò che ha detto in Consiglio, non credo che ne voglia più sentir parlare.
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