Il ponte di Rialto torna a splendere con l’arenaria delle cave di Muggia
I masegni utilizzati per ripavimentare la famosa scalinata provengono dalla “Renice” delle Noghere. Il titolare: «Essere coinvolto in questa straordinaria operazione è stato come vincere un Oscar»

MUGGIA «Pronto? Salve. Abbiamo bisogno di voi. Dovremmo riparare un ponte...». È il tenore della telefonata ricevuta qualche tempo fa da Dario Macor, proprietario delle cave di Muggia. Dall'altra parte della cornetta c’era un geologo del Comune di Venezia. Il ponte bisogno di cure, infatti, era niente meno che quello di Rialto, la celebre costruzione del 1591 che lascia a bocca aperta migliaia di turisti ogni giorno e che è ora in fase di restauro. Un maxicantiere dal costo complessivo di 5 milioni di euro (cifra messa a disposizione da mister Diesel, Renzo Rosso), che dovrebbe concludersi a gennaio 2017.
[[(MediaPublishingQueue2014v1) A Rialto l'arenaria delle cave di Muggia]]
«Mi hanno chiamato la prima volta tre anni - racconta Dario Macor -, chiedendomi di fornire un po' di pietra. Per me è stato come vincere l'Oscar». Macor, come detto, è proprietario delle cave muggesane, il tesoro di masegno con cui sono state costruite piazze e vie di mezza Trieste e chissà quante dell'impero asburgico. Ed è da lì che arriva la pietra in arenaria originaria del ponte di Rialto. «Nel Cinquecento Muggia era sotto la Repubblica di Venezia - ripercorre l'artigiano - costruivano con materiale nostro». Ha una ditta in zona Noghere, la Renice srl. Fa attività di estrazione, modella, inventa. Più che un'azienda è una bottega piena di ritagli, attrezzi del mestiere, sculture e fossili. Perché scava e scava, anche quello ha trovato. Un laboratorio vecchia maniera, che quasi stride tra i grandi capannoni industriali intorno. Macor si è messo all'ingresso una porta intarsiata recuperata da un magazzino delle Generali. All'esterno ha appeso i calchi con cui sono state fatte le decorazioni del Caffè Tommaseo. Nella pietra ci vede le venature e, dal verso del taglio, lo strato da cui è stata ricavata. È come se i sassi parlassero.
[[(MediaPublishingQueue2014v1) Il restauro del Ponte di Rialto: le tappe]]
Quando l'hanno chiamato da Venezia, però, non è si è scomposto più di tanto. Certo, era soddisfatto che avessero pensato a lui, ma sapeva già che il Rialto era stato fatto con l'arenaria di Muggia. Se n'era accorto passando, visto l'occhio particolarmente allenato. I geologi erano arrivati a lui tre anni fa “pescando” dagli archivi un contratto di metà Ottocento, quando la struttura era stata sottoposta a una prima riqualificazione. «È così che si sono accorti da dove arrivava la pietra - riprende il titolare della ditta -, poi sono venuti da me e hanno confrontato il materiale. Così oggi forniamo il masegno». Servirà a rifare il pavimento. «È un intervento molto delicato, perché ogni parte è diversa dall'altra - spiega - bisogna prima vedere i punti mancanti e realizzarli su misura».
Venezia, un drone per il restauro del Ponte di Rialto
I pezzi possono variare da un metro a 20 centimetri, spessi 7. Sono circa 200 metri quadrati in tutto. Il materiale viene trasportato in barca man mano che i cantieri proseguono. «Non sarà un guadagno importante - osserva l'imprenditore - perché non è come fare una piazza, è più un lavoro di fino. Come cambiare gli ingranaggi di un orologio. Ma sicuramente è un appalto prestigioso».
Ad oggi risulta completato il 70% del restyling del ponte di Rialto. È già completata la rampa che si affianca al Palazzo dei Camerlenghi. I restauratori procedono aggiungendo qua e là materiali nuovi, stuccando fessure e lesioni con resine speciali. Se serve sostituire parti intere, chiamano Macor. Dal lato opposto del ponte, quello che si affaccia sul Fontego dei Tedeschi, è in corso invece l'impermeabilizzazione della superficie; si prosegue con la posa dei gradini e altri delicati ritocchi. «La mia pietra è conosciuta in tutto il mondo - osserva ancora il titolare della Renice - perché è un'arenaria particolare, nota come “il Muggia”».
La tonalità, calda, è quella che vediamo a Trieste ogni giorno sulle Rive o in Molo Audace: grigia con sfumature e bordo che tende al giallognolo, effetto dell'ossidazione del ferro. È arenaria, antisdrucciolo. È idrorepellente, non si scivola. Ha una durezza molto superiore alle altre e una granulometria che la rende resistente tanto quanto il granito. Macor ha acquistato la cava, con i suoi 135mila metri quadrati estraibili, nel 1984. Con il masegno l'artigiano modella piazze e strade, come avviene da millenni con quel materiale. Lui ha inventato le decorazioni e gli interni. «A un certo punto mi sono reso conto che si poteva fare anche altro realizzando spessori molto sottili. Interi appartamenti, stanze e bagni». Dal Rialto al lavandino di casa, un'unica griffe: Muggia.
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