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Trieste, coltiva marijuana tra i pomodori dietro l’osteria

Il proprietario della trattoria di Bottazzo coltivava 25 piante di cannabis nell’orto. Arrestato dai carabinieri e poi liberato dal gip

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La trattoria di Bottazzo in una foto di archivio 

TRIESTE Sono arrivati lì, a Bottazzo, ai confini della Val Rosandra (dove un tempo c’era uno dei più piccoli confini della cortina di ferro, con tanto di soldati jugoslavi col “sc’iopo”) pensando di dover sedare un parapiglia di coppia, “annaffiato” a quanto s’è saputo da qualche bicchiere di troppo. I carabinieri, invece, se ne sono andati poco dopo con tutt’altro risultato rispetto a quello che si erano prefissi in origine: prima di tornare verso la caserma di via dell’Istria hanno aggiunto infatti un posto... in macchina. E l’hanno riservato all’uomo che avevano appena arrestato. Mica però per quel parapiglia a causa del quale erano intervenuti, bensì per coltivazione illecita di sostanze stupefacenti, non destinate in tutta evidenza ad alcuna finalità terapeutica certificata: piante di marijuana, 25 in tutto, alcune delle quali già alte quasi mezzo metro, che crescevano rigogliose, anche in dei vasi, nel suo orto. Se ne stavano in mezzo a un mucchio di altre piante di pomodoro: alla fin fine sono state tagliate e sequestrate dai militari della Benemerita, esattamente com’era capitato di fare ai poliziotti della Squadra mobile qualche giorno fa nel terreno abbandonato di via del Pane Bianco, a Servola, trasformato in campo di “erba” da due giovani del posto.

Lo si può davvero definire un colpo “a sorpresa”, dunque, quello messo a segno l’altra sera dai carabinieri del Nucleo radiomobile del Comando provinciale. Ed è una sorpresa “al cubo”, a dirla tutta, dal momento che il luogo del “delitto” è il giardino che sta dietro alla mitica trattoria di Bottazzo. Non solo: l’uomo arrestato, il 55enne Fabio Bordon, di questo locale - un angolo di paradiso per gli amanti della natura e delle escursioni in zona - è il proprietario anche se non risulta esserne l’“oste” in quanto la gestione, affidata a terzi da diverso tempo, è ora in carico da alcuni anni a dei suoi parenti.

Ieri Bordon è stato scarcerato dal giudice per le indagini preliminari Laura Barresi dopo tre notti al “fresco” a chiusura dell’interrogatorio di garanzia a suo carico andato in scena in Tribunale alla presenza dell’avvocato Alessandro Giadrossi come difensore d’ufficio. Resta indagato a piede libero, insomma, giacché il gip non ha ravvisato le cosiddette esigenze cautelari che impongono, in altri casi, la convalida dell’arresto o in alternativa i domiciliari. Una disposizione che è andata pure oltre le istanze del pm Nicola Russo, il magistrato di turno titolare del fascicolo redatto dai carabinieri, il quale, in linea con lo stesso avvocato Giadrossi, aveva prefigurato potesse essere congruo, per Bordon, un obbligo di dimora nella frazione di Bottazzo: una sorta di domiciliari “morbidi” posto che a Bottazzo le case sono una manciata e per spostarsi c’è il sentiero per Bagnoli da una parte e la stradina carrabile per San Lorenzo e Sant’Antonio in Bosco dall’altra.

L’uomo - che ha qualche precedente cosiddetto “specifico”, ancorché lontano nel tempo, per detenzione di droghe leggere in quantità ritenute non limitate all’uso personale - ha potuto far rientro a casa, in mezzo a tanti pomodori e niente più cannabis. Davanti al giudice, a quanto si è saputo, ha promesso di non riprovarci più e ha comunque sostenuto che quelle piante dietro l’osteria fossero da lui coltivate solo per sé stesso, senza finalità di spaccio.

Il blitz dei carabinieri a Bottazzo risale precisamente a lunedì sera, verso l’ora di cena. Rientrato l’allarme originario riguardante la lite familiare, a uno dei militari del Nucleo radiomobile è cascato però l’occhio su delle foglie per così dire “particolari”, quasi inconfondibili, che spuntavano tra i pomodori. Da lì l’arresto di Bordon, da ieri appunto scarcerato. Si tratta del terzo sequestro di droghe leggere venuto a galla a Trieste in meno di una settimana: oltre al campo di Servola di cui si è detto proprio i carabinieri venerdì scorso avevano arrestato un marocchino incensurato trovandolo in possesso di 16 chili e mezzo di hashish in casa dopo un banale controllo alla sua auto in via Baiamonti. Lui però continua a restare al Coroneo in attesa di giudizio. L’uso personale, qui, date le proporzioni, sarebbe pura follia.

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