Scoppia la protesta nel paesino con più profughi che abitanti
Dopo gli ultimi arrivi nel camping di Fernetti i migranti toccano quota cento a fronte di settanta residenti Susanna: «Sono la maggioranza, ormai, e noi abbiamo paura». Sonia: «Non usciamo più la sera»

TRIESTE Non la stanno prendendo tanto bene a Fernetti, piccolo borgo di frontiera con un bar, una farmacia, due supermercati e un autoporto. Si sono trovati la sorpresa di un improvviso boom demografico. Da qualche giorno a questa parte sono in 170. Settanta residenti e 100 profughi. Trentacinque sono stati spediti su in fretta a furia dalla Prefettura che ha chiesto disponibilità al camping “Excelsior” che già ne ospitava una trentina. Altrettanti sono alloggiati, da tempo, all’hotel “Transilvania”.
Fernetti, da sempre abituata al via vai di camionisti turchi e ucraini, aveva iniziato a farci un po’ l’abitudine, ultimamente, a veder passare per strada anche i gruppetti di afghani e pachistani. Il problema, a sentire chi abita da quelle parti, è che ora sono tutti afghani e pachistani. «Ti viene la voglia di diventare razzista anche se non lo sei», mormora una signora alla fermata dell’autobus. Ecco, questo in realtà sarebbe il commento più pacato. Fernetti, frazione di Monrupino, è andata in subbuglio la scorsa settimana quando si è vista arrivare i camion dei Vigili del fuoco che portavano le tende per i nuovi migranti del camping. Ne hanno sistemate cinque in mezzo a roulotte e gazebo. Sono azzurre, con il marchio del ministero dell’Interno, come se ne vedono nei centri di prima accoglienza. Malumori dei residenti a parte, tutto appare davvero tranquillo dentro. Volti giovani, sorridenti. Sono seguiti da quattro operatori dell’Ics. In questi giorni la quasi totalità degli spazi del campeggio è occupata dai migranti. Turisti non se ne vedono.
«Siamo trattati bene, ringraziamo, questo è un posto bello e sono tutti gentili con noi», dice il ventiquattrenne Patan, originario del Pakistan. Chi dorme, chi smanetta con lo smarphone, chi si prepara da mangiare o gioca a carte. O chi inforca la bicicletta, come un villeggiante in vacanza, per raggiungere Opicina. Si dirigono spesso là quando devono spostarsi a Trieste, visto che Fernetti non è servita benissimo da mezzi pubblici. Fanno la strada a piedi e così la gente li vede in giro a gruppi di quattro cinque o più. «Ce li troviamo davanti a tutte le ore, anche di notte», racconta Susanna, una residente. «Abbiamo paura, non scherzo - continua - con tutto quello che accade nel mondo non c’è da stare sicuri. Adesso sono loro la maggioranza qua, è una cosa pazzesca». Anche nel bar “G”, a pochi metri dal confine, sono in allarme. «Sono troppi, più di noi - spiega la signora Sonia - a volte li incontri anche nei boschi, in mezzo ai sentieri, ed è per questo che ormai abbiamo rinunciato alle passeggiate la sera. Non sono razzista, ma non è accettabile che noi paghiamo le tasse per mantenerli e loro non fanno niente tutto il giorno».
Quella dei soldi è una questione che ha iniziato a circolare con una certa insistenza in questa frazione di settanta anime, dove evidentemente si conoscono un po’ tutti. Al “Transilvania”, l’albergo sul valico frequentato in genere da qualche camionista, sono ospitati soltanto richiedenti asilo, 34 in tutto. Il titolare, Felix Aurelian Andreescu, riceve dalla Prefettura 25 euro al giorno per ognuno di loro: 10 per i pasti e 15 per dormire. «Sì, sono 25 mila e 500 euro al mese - ammette il gestore - con la giunta Cosolini i pagamenti erano precisi, ora che tutto è in mano alla Prefettura stiamo aspettando. Ma siamo fiduciosi e comunque stiamo parlando di bravi ragazzi, educati e a posto che non danno alcun tipo di problema. Anch’io sono stato accolto in Italia e sono contento di fare la mia parte. Offriamo stanze pulite e piatti tipici dei loro Paesi di provenienza».
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