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«Mai sequestrato nessuno nel mio ufficio»

La difesa dell’ex preside Raciti della Duca d’Aosta: «Trovai una scuola con gravi carenze di sicurezza»

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«All’atto del mio insediamento alla guida della scuola, nel settembre del 2009, mi resi subito conto delle criticità della Duca d’Aosta. Una scuola di frontiera con tanti alunni stranieri, con gravi carenze nella sicurezza dell’istituto tanto che capitava spesso che gli alunni si allontanassero dalle aule. Non mancavano i minori che scappavano dalla scuola e alcuni di essi appartenevano a famiglie inserite nel sistema di protezione perché nel mirino della criminalità organizzata. Per questo dovetti intervenire e disporre la chiusura degli ingressi».

È un passaggio della lunga deposizione dell’ex dirigente della Duca d’Aosta, Maria Raciti, rilasciata ieri al giudice Sara Frattolin nel processo che si tiene al Tribunale di Gorizia e che vede Raciti imputata di violenza privata aggravata. In particolare, in alcuni episodi contestati dalla Procura e confermati da alcune delle parti lese sentite nelle precedenti udienze, si descrive che Raciti quando convocava nel suo ufficio insegnanti o personale Ata per elevare delle contestazioni era solita chiudere la porta a chiave, con ciò mettendo in soggezione e in condizioni di sudditanza gli interlocutori. «Chiudevo la porta a chiave ma le lasciavo sulla toppa - ha precisato Raciti - . Prima del mio arrivo i dipendenti e gli insegnanti solevano entrare in presidenza senza bussare. Non c’era privacy. Per questo chiudevo la porta a chiave, ma non ho mai sequestrato nessuno». Le parti lese invece hanno dichiarato che Raciti chiudeva la porta e poi sfilava la chiave custodendole personalmente.

Chiamato a deporre come teste della difesa di Raciti, avvocato Genovese, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Pietro Biasiol ha riferito: «All’epoca rivestivo funzioni ispettive e sono stato inviato a effettuare un’ispezione alla Duca d’Aosta, dopo i fatti emersi e enfatizzati dalla stampa. Ho preso atto che una parte degli insegnanti era molto critica con la dirigente e poco collaborativa con essa, ma non ho riscontrato irregolarità nell’operato della preside». Come mai l’ispezione non ha riscontrato irregolarità mentre le indagini della Procura hanno portato alla pesante incriminazione della dirigente?, ha chiesto a Biasiol l’avvocato Martucci, legale di una delle parti lese. «In effetti - ha risposto l’ex ispettore - chiudere a chiave la porta non rientra nella prassi, è un fatto curioso ma non mi risulta che nessuno sia rimasto chiuso in ufficio contro la sua volontà». Biasiol ha infine aggiunto che né prima né dopo l’amministrazione di Raciti non ci sono state ispezioni.

Va rilevato che quanto affermato da Raciti in merito alla precaria situazione della Duca d’Aosta era puntualmente descritto da Il Piccolo all’epoca dei fatti. Eppure le istituzioni negavano la gravità dei fatti che a distanza di anni, in un’aula di Tribunale, sono stati confermati. Il processo Duca d’Aosta è molto complesso e si articola su più capi d’imputazione spalmati su diversi imputati. Raciti deve rispondere di minaccia aggravata e violenza aggravata per una serie di episodi in cui docenti e personale amministrativo sarebbero stati rinchiusi nella sua stanza e intimoriti. In un caso è imputata anche la dirigente amministrativa Maria Bonica. Inoltre Raciti, Bonica e Giuseppina Papi, impiegata amministrativa, sono accusate anche di omissione di soccorso. Avrebbero impedito l’arrivo del 118 chiamato da un’impiegata che si era sentita male dopo avere subito una contestazione per un incarico non portato a termine nei termini prestabiliti. Tutte e tre le imputate hanno negato l’addebito. Bonica ha riferito che l’impiegata era solita non svolgere il proprio dovere ed era solita essere presa di crisi d’ansia. Raciti, Bonica e Papi hanno inoltre riferito che il clima nell’ufficio amministrativo era buono anche se il carico di lavoro grava su due dei quattro dipendenti, perché gli altri non erano all’altezza e si assentavano spesso.

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