Caso Regeni, il pm italiano al Cairo: "Tutte le piste aperte"
Oltre due ore di confronto tra gli inquirenti romani guidati da Pignatone e gli omologhi egiziani. "Abbiamo lo stesso obiettivo: fare piena luce"

IL CAIRO È durato circa due ore e mezzo, dalle 14 alle 16.35 ora egiziana, il primo incontro tra la squadra di magistrati italiani guidata dal capo della Procura di Roma, Giuseppe Pignatone, e i colleghi della Procura generale egiziana avvenuto al Cairo per parlare delle indagini sull'assassinio di Giulio Regeni. I magistrati italiani hanno parlato «della cooperazione nel caso Regeni e dell’aumento degli sforzi per consegnare i responsabili alla giustizia il prima possibile. Risulta allo stato che tutte le piste sono ancora aperte». Stando a quanto affermato dallo stesso Pignatone, l'incontro «è stato positivo: sia noi sia loro abbiamo lo stesso obiettivo, cioè fare luce sull'accaduto».
LA NOTA UFFICIALE. «Nel pomeriggio del 14 marzo 2016 - si legge nel comunicato della Procura di Roma - si è tenuto nell'ufficio del Procuratore generale della repubblica araba d'Egitto e su invito di quest'ultimo, in presenza del dottor Giuseppe Pignatone, procuratore capo di Roma, e del dottor Sergio Colaiocco, sostituto, un incontro per discutere della morte del cittadino italiano Giulio Regeni. Durante l'incontro - prosegue la nota - entrambe le parti si sono scambiate importanti informazioni riguardo il caso Regeni, si è convenuto su uno scambio reciproco di punti di vista riguardanti l'indagine e concordato che queste siano condotte con grande impegno». «Entrambe le parti - è detto ancora nella nota - hanno inoltre convenuto di incrementare la loro collaborazione diretta per arrivare a prove concrete e ad arrestare i colpevoli». «Il procuratore egiziano - conclude il comunicato - ha chiarito alla sua controparte italiana che le indagini egiziane proseguiranno sotto la sua diretta supervisione. Gli italiani da parte loro, si sono offerti di assistere l'ufficio incaricato in Egitto con informazioni riguardo l'accaduto. Un fatto questo che è stato molto apprezzato dall'ufficio incaricato in Egitto. Entrambe le parti hanno convenuto un incontro fra le polizie. il vertice avverrà molto presto a Roma»
IL FASCICOLO Nonostante il massimo riserbo da parte delle autorità, tuttavia, almeno due diverse fonti hanno confermato che la Procura generale egiziana non possiede il fascicolo delle indagini, ma solo un rapporto inviato due settimane fa dalla Procura di Giza, competente sul caso, che riassume gli elementi di prova raccolti finora.
Era stato lo stesso viceprocuratore Hossam Nassar, numero due della Procura di Giza, a spiegare sabato scorso, 12 marzo, che la procura generale aveva ricevuto una relazione dettagliata sui principali punti dell’indagine. «Il rapporto è stato inviato due settimane fa e non ne esistono copie disponibili», aveva precisato Nassar, ribadendo che gli inquirenti egiziani starebbero fornendo al team investigativo arrivato dall’Italia già nel mese di febbraio «tutte le informazioni di cui necessita».
L'AUTOPSIA Nel documento inviato alla procura generale sono inclusi in particolare i risultati dell’esame autoptico effettuato al Cairo sul corpo di Regeni, i tabulati telefonici e gli interrogatori delle persone collegate al ricercatore italiano, scomparso in circostanze misteriose il 25 gennaio scorso e ritrovato morto otto giorni dopo a margine della strada che dalla capitale egiziana porta ad Alessandria. Secondo quanto anticipato dal cancelliere Ahmed Nagy, capo della Procura di Giza, Giulio Regeni sarebbe stato colpito con un «violento colpo alla testa» dalle 10 alle 18 ore prima della morte, mentre nel referto forense egiziano «non è menzionata la frattura del collo». Una versione che contrasta con i risultati degli esami effettuati in Italia, secondo cui il giovane sarebbe morto per la frattura della colonna cervicale, determinata probabilmente da una torsione innaturale da parte di una persona che gli stava di fronte.
Nassar aveva spiegato una settimana fa che Regeni sarebbe morto al massimo un giorno prima del ritrovamento del corpo, avvenuto il 3 febbraio scorso alla periferia del Cairo. I magistrati di Roma, tuttavia, avevano individuato la data del decesso tra il 30 e il 31 gennaio, vale a dire tre o quattro giorni prima del ritrovamento. Non è tutto. Per il procuratore egiziano tutte le ferite sarebbero state inflitte in un’unica soluzione tra le 10 e le 14 ore prima del decesso: secondo l’autopsia effettuata dall’Istituto di medicina legale dell’Università La Sapienza di Roma, invece, le torture sul giovane sono avvenute per diversi giorni.
Secondo esperti di patologia forense contattati, inoltre, la differenza tra le ferite inferte in poche ore e in vari giorni «è assolutamente lampante e dimostrabile con esami come l’istologia e l’immunoistochimica». Molte delle lesioni riscontrate sul corpo di Regeni, come i tagli alle orecchie e la rimozione delle unghie, secondo Nassar, sarebbero state effettuate durante la prima autopsia eseguita dagli egiziani, e non sarebbero quindi conseguenza delle torture.
«Non è stato possibile appurare se i segni rinvenuti sulla sua spalla destra siano stati causati da bruciature di sigaretta, da una penna o da un cucchiaio», ha detto il direttore della procura di Giza, smentendo inoltre che al giovane siano state strappate le unghie mentre era ancora in vita. «Alcuni campioni di unghie sono stati prelevati per appurare se abbia opposto resistenza contro qualcuno», rilevando eventuali tracce biologiche, ha aggiunto il magistrato. «Le sue orecchie non sono state tagliate», ha proseguito Nassar, ipotizzando che «i tagli alle orecchie e sul corpo a cui si riferiscono i media italiani» siano stati effettuati «durante l’autopsia per prelevare campioni». Questi interventi non trovano però riscontro nella prassi della medicina forense: normalmente, infatti, basta un tampone sotto unghie per prelevare il Dna di potenziali aggressori.
L’aereo governativo con a bordo i titolari dell’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni era atterrato alle 13.35 ora locale all’aeroporto internazionale del Cairo.
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