Funerale per La Rosa dopo due mesi in frigo
Presto le esequie del giornalista morto il 10 gennaio. Il corpo sempre all’ospedale di Gorizia

Don Renzo Boscarol, che era suo amico e confessore, aveva telefonato allibito e allarmato tre settimane fa alla redazione del Piccolo: «Guardate che Roberto è ancora all'obitorio. Qualsiasi essere umano ha diritto a una degna sepoltura. Bisogna fare qualcosa...» Il sacerdote anticipava così una vicenda dai contorni tristi e imbarazzanti al tempo stesso. Questa è la storia di un morto dimenticato per quasi due mesi in un cella frigorifera dell’ospedale civile di Gorizia, dove il giornalista Roberto La Rosa era deceduto il 10 gennaio in seguito a una crisi renale.
Da tempo in pensione, La Rosa era comunque molto conosciuto a Monfalcone per aver retto per anni la redazione del Piccolo e per essere stato uno degli animatori della Cantada sotto le pseudonimo del Serpente. L’ultimo a vederlo era stato proprio don Boscarol: «Era venuto a trovarmi, aveva una brutta cera, era evidente che non stava bene e lo avevo consigliato di recarsi subito all’ospedale. Ma non è servito, era troppo tardi...». Un personaggio atipico, il professore, come atipica è stato il suo periodo post-mortem. La redazione gli aveva dedicato un lungo ricordo che nel gergo giornalistico si chiama "coccodrillo" e più di qualche collega dopo due giorni dalla morte aveva provato a informarsi sulla data dei funerali. Ma nessuno ne sapevo nulla. Né le pompe funebri, né il Comune né era possibile rintracciare qualche familiare. Roberto era sposato ma viveva da solo a Monfalcone, la moglie lavora dalle parti di Rovigo, mentre con il fratello non si frequentavano più da anni.
Più passava il tempo, più i colleghi increduli incalzavano le redazioni di Monfalcone e Gorizia per avere notizie sulle esequie, giusto per dire una preghiera e portare un fiore. Ma niente, il suo corpo rimaneva sempre nella cella frigorifera dell’obitorio dell’ospedale in attesa che qualcuno si facesse avanti per organizzare il funerale. In questi giorni, praticamente quasi dopo due mesi dalla morte, anche l’Azienda sanitaria Isontina ha cominciato a preoccuparsi e si è messa sulle tracce della vedova e del fratello. Anche il giornale aveva cominciato a muoversi per tentare di assicuragli una degna sepoltura. Una storia che con il passare dei giorni suscitava sempre più imbarazzo e stupore.
Finalmente ieri si è fatta viva la moglie Natalia Ustinova che più di un mese fa era stata avvisata dalle assistenti sociali di Monfalcone. Ma dopo aver assicurato che avrebbe provveduto lei a tutto non si era fatta più sentire. Ieri, quando le sono arrivati i primi soldi dall’Istituto di previdenza per il funerale, è riapparsa. Ha contattato gli uffici dell’Inpgi di Trieste assicurando che avrebbe dato mandato al suo avvocato di organizzare il funerale. Roberto voleva essere cremato e le sue volontà saranno rispettate. Ma tutto questo è avvenuto a quasi due mesi dalla morte e probabilmente passerà ancora qualche giorno in quella fredda cella prima che siano pronte tutte le carte. Intanto la sua Mercedes classe A, lasciata in sosta vietata a Monfalcone, è stata rimossa dai vigli urbani dopo che era stata ricoperta di multe.
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