Siap, certificato il decesso: nessun miracolo di Natale
Da dicembre terminate le lavorazioni, operai al lavoro solo per lo smantellamento. I sindacati: «Non si intravedono possibili acquirenti. Solo 3 dipendenti si sono trasferiti»

GORIZIA Si era parlato sempre del 31 dicembre come dead line. In realtà, la Siap (gruppo Carraro) ha già terminato le lavorazioni da un paio di settimane. L’insegna è ancora al suo posto, qualche operaio è ancora al lavoro per smontaggi e smantellamenti vari ma la produzione è cessata.
Niente ripensamenti
A dare il triste (e definitivo) annuncio è Livio Menon della Fiom-Cgil che ha seguito passo dopo passo tutta la sfortunata vertenza.
Non c’è stato, dunque, alcun tipo di ripensamento sullo storico insediamento produttivo della Siap, a Straccis, che chiuderà dunque definitivamente i battenti il 31 dicembre, come preannunciato. Le residue e utopiche speranze si sono infrante nelle ultime settimane, con l’avvio delle pratiche che hanno riguardato in prima battuta i dipendenti dello stabilimento del gruppo Carraro. E dire che era stata “venduta” come una grande possibilità data agli operai. Il gruppo Carraro era disponibile a riassorbire il personale goriziano ormai in eccedenza negli stabilimenti di Campodarsego (Padova) e Maniago. Chiaramente su base volontaria. Com’è andata? «Se un mese e mezzo fa pareva che sei persone avessero optato per questa possibilità che implicava, comprensibilmente, un cambiamento radicale di vita, oggi possiamo dire che il loro numero si è ulteriormente ridimensionato: soltanto in 3 lavoreranno nelle altre sedi del gruppo. Dei 76 dipendenti originari, venti hanno scelto la strada della mobilità - spiega Livio Menon della Cgil - mentre la restante cinquantina ha trovato occupazioni ma soltanto a tempo determinato mentre qualcuno è ancora alla ricerca di un lavoro».
«Purtroppo le notizie non sono buone, nel senso che non esistono novità significative rispetto a quanto ci si attendeva - aggiunge rassegnato Livio Menon della Fiom-Cgil -. Le lavorazioni, lo ripeto, sono terminate ormai a fine novembre: quando abbiamo siglato le prime conciliazioni, erano ormai impegnati all’interno dello stabilimento solo quattro dipendenti».
Sullo sfondo, le motivazioni della Carraro, datate ormai maggio scorso e che mandarono su tutte le furie le forze sindacali. «I nuovi scenari di mercato sono strutturali e non consentono di garantire una sostenibilità economica del sito neppure in prospettiva», erano state le dichiarazioni chiarissime e senza repliche dei vertici aziendali che sono ancora facilmente individuabili sul sito web del gruppo Carraro.
Il destino dello stabilimento
Ma c’è un problema nel problema. Che ne sarà di quell’insediamento produttivo? Verrà rilevato e riutilizzato da qualche altra azienda? Rinascerà dalle sue ceneri? Riporterà occupazione in una città ormai deindustrializzata? Niente di tutto questo. «La sensazione è che farà la fine della “Vouk”, altra azienda di Gorizia che chiuse i battenti negli anni passati - annota ancora Menon -. Il rischio, tutt’altro che remoto, è che lo stabilimento diventi una grande cattedrale nel deserto. Davvero un brutto destino per un’area industriale che avrebbe potuto regalare occupazione e sviluppo a questa città». L’ipotesi di una riconversione del sito produttivo appare oggi quanto mai lontana, con lo storico stabilimento di via Brigata Casale destinato dunque inesorabilmente a morire.
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