In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Un prete isontino firma il logo del Giubileo

Il teologo Marko Ivan Rupnik è direttore di un Centro studi a Roma: «Per Papa Francesco l’immagine conta come la parola»

2 minuti di lettura
Il logo del Giubileo della Misericordia impresso su borse di juta destinate ai pellegrini 

GORIZIA. Nel logo ufficiale del Giubileo c’è anche un po’ di Gorizia. A realizzarlo è stato padre Marko Ivan Rupnik. Teologo sloveno e direttore del Pontificio istituto orientale-Centro ricerche e studi “Ezio Aletti”, tra il 1987 e il 1991 è stato uno dei padri gesuiti della “Stella Matutina”. Nato nel 1954 a Salloga d’Idria è entrato nella Compagnia di Gesù nel 1973 e ha studiato all’Accademia di Belle arti di Roma. Dal 1999 al 2013 è stato consultore del Pontificio Consiglio per la Cultura e dal 2012 è consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova evangelizzazione. Come evidenziato sul sito ufficiale del Giubileo, il logo si presenta come una piccola summa teologica del tema della misericordia. Recuperando un’immagine cara alla Chiesa antica, mostra il Figlio che si carica sulle spalle l’uomo smarrito. Indica così l’amore di Cristo che porta a compimento il mistero della sua incarnazione con la redenzione. Il disegno è realizzato in modo da fare emergere come il Buon Pastore riesca a cambiare la vita dell’uomo.

Osservando i particolari si può notare come l’occhio di Gesù si fonde con quello dell’uomo: Cristo vede con lo sguardo di Adamo e viceversa. ”Ogni uomo scopre così in Cristo, nuovo Adamo, la propria umanità e il futuro che lo attende, contemplando nel suo sguardo l’amore del Padre”, si legge. La scena è collocata all’interno di una forma a mandorla. Questa figura cara all’iconografia antica e medioevale richiama la compresenza delle due nature - quella divina e quella umana - in Cristo. Infine, i tre ovali concentrici di colore progressivamente più chiaro verso l’esterno suggeriscono il movimento di Cristo che porta l’uomo fuori dalla notte del peccato e della morte. La profondità del colore più scuro suggerisce anche l’imperscrutabilità dell’amore del Padre che tutto perdona. Ogni scelta cromatica è pensata secondo i codici fissati mille anni fa dagli artisti di ispirazione cristiana: rosso è il colore del sangue, della vita e di Dio; blu è il colore dell’uomo - unica creatura che sa guardare il cielo - il bianco è lo Spirito santo, il verde racconta il Creato e il nero la notte, la morte.

In un’intervista alla televisione vaticana, padre Rupnik ha parlato di postmodernità del pontificato di papa Francesco: «Penso che sia un grande pontificato perché veramente già fa parte della nuova epoca. Non fa più parte di quest’epoca passata: è già la profezia della verità e la si vede proprio perché la parola sua è importante, ma il gesto e l’immagine lo sono altrettanto. È già un linguaggio simbolico, nel senso nobile della teologia, dove cioè l’unità dei mondi, divino e creato, si esprimono l’uno nell’altro. Quando Cristo spirò sulla croce noi abbiamo colto questo respiro e abbiamo cominciato a respirare. È per questo che Adamo e Cristo sono così vicini: in quest’immagine il popolo percepisce papa Francesco».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti dei lettori