Montenegro verso la Nato, l’ira di Mosca
La promessa di «ritorsioni» dopo l’invito partito dall’Alleanza. Ma intanto si lavora per riavviare il Consiglio con il Cremlino
di Giovanni Vale
ZAGABRIA. Il Montenegro diventerà il 29.o paese membro della Nato. L'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (Nato) ha formalizzato ieri a Bruxelles l’invito a Podgorica a unirsi al blocco militare occidentale, nato nel 1949 con il Patto atlantico. Il premier montenegrino Milo Djukanovic ha parlato di «giornata storica» per il suo Paese: «È il giorno più importante per il Montenegro dopo il referendum del 2006 per l'indipendenza», il paese «entra a far parte del circolo esclusivo dei Paesi che si identificano con i valori più alti della civiltà moderna», ha detto ancora il premier citando il «lungo processo di riforme».
Con i suoi 600mila abitanti e una superficie di appena 13mila chilometri quadrati (meno del Veneto), il Montenegro non avrà certo un ruolo militare di prim’ordine all’interno dell’Alleanza; ma la sua posizione geografica e il suo percorso storico che lo vedono tradizionalmente vicino all’influenza russa (non fosse altro per la comune religione ortodossa, diffusa al 70% nel paese) ne fanno un attore geopolitico importante per la Nato. E infatti immediata si è scatenata la reazione del Cremlino, già ai ferri corti con la Turchia, che ha subito promesso «ritorsioni» per quello che considera il tradimento di un paese in cui i russi hanno investito milioni di euro e fanno vacanze in massa. Minacce lanciate proprio mentre a Bruxelles, nel quartier generale Nato, si festeggiava l’inizio del settimo processo di «ampliamento a Est» che potrebbe concludersi già «all'inizio» del 2017, come ha precisato il segretario generale dell'Alleanza, Jens Stoltemberg. Seguiranno poi le formali ratificazioni dei paesi membri e infine il Montenegro potrà vedere la propria bandiera sventolare a fianco a quelle di altri 28 stati.
La nuova espansione arriva sei anni dopo l’ultimo allargamento (quello che coinvolse Croazia e Albania) e il Montenegro sarà il 14.o paese dell’ex “blocco orientale” a unirsi alla Nato. Già in mattinata il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha dichiarato che «la continua espansione della Nato verso Est non può che portare ad azioni di risposta da parte russa». Il presidente della Commissione Difesa del Senato russo Viktor Ozerov ha definito poi «impossibili» i «molti programmi che prima erano realizzati con la Russia, anche di cooperazione tecnico-militare». A gettare acqua sul fuoco è stato subito il segretario di Stato americano John Kerry, affermando che «la Nato è un'alleanza difensiva che esiste da 70 anni» e che «non costituisce una minaccia per nessuno».
«Non è un'organizzazione offensiva e non è focalizzata sulla Russia, né su nessun altro», ha concluso il capo della diplomazia Usa. Un messaggio di distensione è arrivato anche dal ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, che ha precisato come l’ingresso del Montenegro nella Nato non sia «una decisione contro qualcuno», ma un atto volto a «rafforzare la sicurezza sia nella zona dei Balcani che in quella dell'Adriatico» e che quindi «interessa direttamente il nostro Paese». Mosca comunque, tramite il suo ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, ha assicurato di essere pronta a riprendere i contatti con la Nato nel Consiglio Nato-Russia, qualora Stoltenberg proponesse quest’iniziativa. In Montenegro, intanto, dove un recente sondaggio dava al 47% il fronte dei cittadini favorevoli alla Nato (e al 39% quello dei contrari), l’opposizione filo-serba ha già chiesto un referendum al riguardo.
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