Bruno Marini: «Dipiazza mi vuole vicesindaco di Trieste»
Il consigliere regionale forzista svela: «Sono tentato dalla proposta ma temo anche di sguarnire l’opposizione in Regione»

TRIESTE Roberto Dipiazza sindaco e Bruno Marini vicesindaco. Un dream ticket per il centrodestra triestino. L’ex sindaco nato leader con il forzista camberiano di matrice cattolico e istriana. Davvero una bella coppia per la sfida con il sindaco ex comunista Roberto Cosolini e la vicesindaca cattolica di sinistra Fabiana Martini. Non si tratta di una fantasia.
Il ticket da sogno è nato nei corridoi del Consiglio regionale su proposta di Dipiazza. «Ammetto», così Marini: «È un po’ imbarazzante da dire. Quest’estate, nel corso delle lunghe chiacchierate delle pause del Consiglio regionale, me l’ha buttata lì: “Ti piacerebbe fare il mio vicesindaco?”. Partiva dal postulato che lui è più uomo d’azione e io più un politico. Una richiesta tra il serio e il faceto». E quale è stata la risposta? «In teoria - ancora Marini - gli ho detto di sì. Una risposta cautamente affermativa. Fare il suo vicesindaco mi divertirebbe un sacco. Scherzando mi ha detto che lui se torna a fare il sindaco vorrebbe evitare il più possibile i consigli comunali. Non li sopporta davvero. E io invece, che sono un uomo notturno e politico nato, sarei la persona perfetta per sostituirlo».
La possibilità che si realizzi questa accoppiata («formidabile» secondo Marini) resta alquanto remota. «Astrattamente - aggiunge il consigliere regionale - potrebbe essere un’ipotesi “cocola” quella del vicesindaco, ma credo che spetterà alla Lega se si procede su quella alleanza. Diciamo che io ho preso la cosa sul serio al 50%.
In ogni caso ci sarà il mio massimo sforzo per mandar via la giunta Cosolini». Il problema vero di questo ticket da sogno sono le controindicazioni “enormi” a livello regionale. «Metti che il candidato sia Dipiazza, metti che vinciamo dovrei abbandonare la Regione due anni prima sguarnendo di fatto il fronte del centrodestra nel momento in cui ci sono battaglie importanti come la riforma della sanità. Adesso siamo due, io e Dipiazza. Se Roberto diventa sindaco e io vicesindaco arriverebbero al nostro posto Giorgio Ret e Everest Bertoli, persone degnissime e “cocolissime” ma inesperte». Il capogruppo comunale Bertoli, nonostante il nome, non sarebbe insomma all’altezza. Come pure la coordinatrice regionale del partito Sandra Savino che, assieme alla Lega Nord e a Fratelli d’Italia, ha lanciato la fucina del centrodestra per «fondere idee e forgiare candidati».
«La cucina? Quella c....ta. Mi sembra un modo per guadagnare due mesi di tempo ed arrivare a dicembre», storpia e stronca il vicesindaco in pectore Marini. Avrebbe voluto dire «cagata pazzesca come Villaggio di fronte alla corazzata Potemkin». Ma gli è venuta un’altra parola. «La priorità assoluta è un centrodestra unito altrimenti al ballottaggio ci vanno secco i grillini - spiega Marini -. E tra i nomi che girano il più forte è quello di Dipiazza». E la Lega con il suo candidato sindaco Pierpaolo Roberti? Il politologo di San Vito ha già la soluzione pronta: «I leghisti saranno adeguatamente rappresentati nella giunta Dipiazza. A Roberti non si potrà negare la delega alla sicurezza e ai vigili urbani, completamente trascurata in questi anni dal centrosinistra. Con lui assessore non c’è il rischio che arrivi Fabio Tuiach che mi trasforma i vigili in pugili».
A cosa serva la fucina di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia se lo chiede anche Trieste Popolare di Paolo Rovis, e Roberto Antonione. «La fucina è dove si alimenta il fuoco bruciando i candidati», scherza Rovis. «Trieste Popolare ritiene, da anni, che lo schema migliore e più competitivo sia quello che vede Dipiazza candidato unitario. È altresì singolare che, a distanza di pochi giorni da quando tre partiti hanno annunciato una “fucina” per il programma, sostenendo al contempo che i nomi «non sono importanti e vengono dopo», gli stessi partiti lancino invece un segnale contrario. Il giovane segretario della Lega Nord che sottolinea la propria candidatura a sindaco su grandi manifesti senza simboli compie una logica azione di marketing politico personale. Senz’altro utile a se stesso e al suo partito. Ci sembra, però, che segnali come questo non agevolino un percorso vincente. Sempre che, da parte di chi realizza tali strategie politico-comunicative, vi sia davvero la volontà di provare a vincere».
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