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Dolciario in crisi, Gorizia mastica amaro

Resistono solo La Giulia e Witors, sparite o fallite una decina di aziende dopo la perdita degli sgravi fiscali sullo zucchero

2 minuti di lettura
La Sweet ormai chiusa da tempo 

GORIZIA Gorizia mastica amaro. È proprio il caso di dirlo perché il settore dolciario, che era uno degli indiscussi fiori all’occhiello dell’industria cittadina, non esiste quasi più: della dozzina di aziende che operavano con profitto prima degli anni Duemila sono rimaste, in sostanza, “La Giulia” e una piccola unità produttiva della “Witors”. Il resto? Spazzato via dalla crisi e dalla scomparsa (o meglio dal notevole ridimensionamento) delle agevolazioni.

Ad aiutarci in questa non facilissima ricerca la Camera di commercio di Gorizia che ha avuto un ruolo importante nello sviluppo del dolciario in quanto “erogatrice” dei fondi della Zona franca. Illuminante è, infatti, la lettura delle varie deliberazioni dal 1995 ad oggi relative alle assegnazioni dei contigenti della cosiddetta tabella B (relativa, in questo caso, all’acquisto di zucchero senza imposte): si è passati da oltre dieci aziende “finanziate” a una soltanto, La Giulia.

Nuove normative europee

«L’anno spartiacque - spiega il segretario generale della Cciaa, Pierluigi Medeot - è il 2000. In quell’anno, infatti, sono cambiate le norme europee per l’attribuzione degli aiuti alle imprese. Mentre prima il finanziamento era illimitato, dop quella data le poste sono state ridotte a 200mila euro per impresa per triennio. Ciò ha determinato una limitazione forte degli aiuti». La riduzione di questa importante stampella unita alla crisi globale ha fatto sì che un settore fiorente, a poco a poco si depotenziasse.

Scavando nella memoria storica, quello del dolciario è un settore che ha operato nel territorio fin dal dopoguerra e che per decenni è stato piacevolmente “cullato” dalla madre di tutti gli assistenzialismi: la Zona franca. Il regime agevolato fu introdotto nel 1948 per tentare di risollevare l’economia cittadina, e della vicina Savogna d’Isonzo, gravemente compromessa dalla mutilazione territoriale provinciale causata dal tragico epilogo della seconda guerra mondiale e dal nuovo confine con la Jugoslavia. Il regime agevolativo prevedeva una tabella, la A, per i consumi delle famiglie (lo zucchero, la carne e l’olio ma anche, e soprattutto, il carburante) ed una, la B, destinata all’industria.

Il comune denominatore era la possibilità di importare per grossisti e commercianti in esenzione doganale, quindi a costi molto ridotti, prodotti alimentari e, per l’industria, materie prime importanti come cotone, ferro, zucchero, alcoli, cacao.

Il boom del dolciario

Ciò cosa determinò? Proliferarono aziende grandi e piccole dolciarie. Gorizia diventò punto di approdo di tanti imprenditori che giunsero che dal Veneto, dalla Toscana e dalla Lombardia. Registrarono perciò un considerevole sviluppo, grazie appunto ai costi contenuti delle materie prime, fabbriche i cui nomi fanno parte della storia industriale goriziana e che sono ancora presenti nella memoria collettiva: dalla Dolce Italia alla Delicia, per arrivare alla Sweet.

L’eclissi della Sweet

Riguardo quest’ultima azienda, purtroppo, non ci sono novità nè sviluppi positivi. Ad aggiornarci il segretario della Feneal Uil, Andrea Di Giacomo.

«Abbiamo più volte interpellato il curatore fallimentare, ci ha rassicurato che qualcosa si stava muovendo ma la verità è che l’azienda è ancora lì, chiusa e inutilizzata. E all’interno tutto è rimasto com’era prima: pare che ci sia ancora del prodotto, cioè cioccolata. Che dire? Ci piacerebbe che qualcuno si degnasse di dirci qualcosa. Vedere quello stabilimento invecchiare precocemente, senza intravvedere possibilità di sviluppo, è bruttissimo».

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