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«Tamburi di pace», bufera sul concerto

Un’orchestra di giovani europei e la memoria della Grande Guerra. La stampa di Lubiana: «Celebrazione dell’Italia nel conflitto». La replica di Paolo Rumiz: «Mi pare tutto in malafede, stanno creando un caso sul nulla»

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Le prove del concerto 

TRIESTE. La musica e la nota stonata delle polemiche. Esattamente l’opposto di quanto ci si poteva attendere per uno spettacolo pensato per il centenario della Grande Guerra, nel dovere della memoria storica e, insieme, nel desiderio di costruire un futuro di armonia. “Tamburi di pace”, l’evento aperto mercoledì a Capodistria con un’Orchestra sinfonica di giovani provenienti da quindici Paesi Europei e con la partecipazione del giornalista e scrittore triestino Paolo Rumiz, non è stato accolto bene dalla stampa oltreconfine. Il quotidiano sloveno “Delo” ieri ha dato ampio spazio a una serie di interventi sulle critiche sollevate nei giorni scorsi da un’associazione combattentistica locale che accusava gli organizzatori, e dunque il senso stesso dell’evento, di “celebrare” in qualche modo l’Italia nel conflitto.

Rumiz non ha dubbi: «Hanno manipolato il nostro manifesto – spiega – lì dove si faceva riferimento all’entrata in guerra del nostro Paese nel ’15, ma da parte nostra con il solo intento di contestualizzare. Non certo di celebrare. Oggi (ieri, ndr) – puntualizza il giornalista – il giornale è uscito con una pagina che mette insieme una serie di commenti, creando quindi un caso sul niente. Hanno dato voce a quelli che io ritengo dei talebani, che sguazzano in scontri inesistenti creandoli ad arte. E sono insensibili a questi ragazzi e alla loro musica», insiste lo scrittore. «Questi giovani sono qui, compreso io, per offrire un momento di musica e riflessione, proprio per contrastare qualsiasi forma di celebrazione della guerra. Mi pare tutto in malafede, come aveva fatto la destra triestina con il concerto di alcuni anni fa con il maestro Riccardo Muti».

Rumiz cita la storica serata nel luglio 2010, quando in piazza Unità avevano suonato per la prima volta assieme l’inno italiano, sloveno e croato. «Ci accusano ora di sciovinismo, ma è un gran casino sul nulla, perché è l’evento che è importante – incalza– non di certo queste critiche». L’Orchestra, in questo suo viaggio di arte e parole nei luoghi della Grande Guerra, dalla Slovenia a Trieste, d’altra parte ha visto come protagonisti proprio loro, i ragazzi, una settantina di musicisti tra gli undici e i diciotto anni selezionati nei migliori conservatori del continente, a rappresentare simbolicamente i “pronipoti” di chi ha vissuto il conflitto.

Dopo l’apertura di mercoledì a Capodistria, “Tamburi di pace” ha fatto tappa ieri sera all’Auditorium di Portorose. L’Orchestra, come da programma, ha eseguito composizioni di Strauss, Sibelis, Cajkovskij, Mahler, Beethoven e Borodin sotto la direzione del maestro Igor Coretti Kuret. Rumiz interpreta otto racconti tratti dal suo ultimo libro “Come cavalli che dormono in piedi”. «La pace si può fondare solo sulla memoria – aveva detto il giornalista a commento dell’iniziativa – ma mai come oggi, nel centenario, si avverte il bisogno di comunicare quegli eventi drammatici con armonia». Con queste intenzioni nessuno davvero si aspettava un polverone del genere.

Ricco l’elenco dei sostenitori del progetto, promosso dall’associazione culturale “Scuola per giovani musicisti”: la Fondazione Benefica Kathleen Foreman Casali, la Trieste Trasporti, a Fondazione Ananian (che ha erogato borse di studio a tre giovani musicisti) Food and Beverage Group di Trieste, oltre naturalmente al Verdi che ha messo a disposizione il teatro. Contribuiscono alla riuscita dell’evento l'associazione culturale Cinzia Vitale onlus, il Comune di Chiusaforte, il Comune di Sacile e la Proloco, l'associazione Ensemble Serenissima, l'orchestra La Serenissima, il Comune di Capodistria, l'Unione Italiana, la Scuola di Musica di Capodistria e quella di Tolmino. Dopo Capodistria e Portorose, si prosegue con Sacile, Chiusaforte, Tolmino e Trieste con il gran finale del 26 al Verdi.

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