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L’ultimo strappo: la Lega cancella Violino

Milano “ratifica” il depennamento dal libro soci dell'ex assessore. Fedriga: «È fuori dal partito». Il Carroccio perde così l’ennesimo pezzo dello “zoccolo duro” friulano

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TRIESTE. Un fallo forse veniale, ma l’ultimo di una lunga serie. Claudio Violino sta seduto nel gruppo Misto proprio come Barbara Zilli ma, contrariamente alla padana di Gemona, non ha sottoscritto l’appartenenza al Carroccio. Basta questo (non solo questo, in realtà) per vederlo cancellato dal libro soci del movimento. Tecnicamente non un’espulsione ma, di fatto, il risultato è lo stesso. «Violino – conferma Massimiliano Fedriga – è fuori dalla Lega».

Uno sgambetto, una protesta, una spintina, una gamba tesa, un fallo di mano. Nel calcio si direbbe che uno ha voluto proprio farsi cacciar via. Troppe assenze, troppe mancanze, troppo poca riconoscenza verso un partito che ha portato l’agronomo di Mereto di Tomba per quattro volte in Consiglio regionale, dalle elezioni del 1998 a quelle del 2013, passando per l’esperienza da assessore nel Tondo bis, all’Agricoltura.

Fedriga, il leader del nuovo corso della Lega Nord, un vertice triestino dopo vent’anni di leadership di Udine e Pordenone, ha dovuto digerire troppe ribellioni di Violino: dal voto a favore della riforma sanitaria all’astensione sulle Uti, dalla posizione tenuta sul caso Marsilio e l’albergo diffuso al mancato versamento del contributo mensile, fino a quella frase - dichiaro di appartenere alla forza politica Lega Nord - che Zilli ha fatto mettere a verbale nell’ottobre 2014, al momento dell’adesione al Misto, e Violino invece no.

Conta evidentemente molto più la sostanza politica che la forma, ma il leghista del Medio Friuli cade per una mancata comunicazione. Il segretario racconta di avergli parlato più volte, anche di recente, ma di non aver colto i segnali di un riallineamento. «Gli ho ricordato le criticità emerse – fa sapere Fedriga –, scelte che rispetto ma che imponevano una richiesta di chiarezza. Era doveroso nei confronti dei nostri iscritti». Di qui i passaggi delle ultime ore: l’altra sera in consiglio nazionale (nel gergo padano il direttivo Fvg), ieri la comunicazione al federale: «Il depennamento dal libro soci è una procedura d’ufficio, come da statuto. Se Violino può appellarsi? Sì, lo può fare rivolgendosi a Milano». Improbabile che accada anche se dal diretto interessato, in silenzio da mesi, non arriva nemmeno stavolta una sola parola.

È finita, male, ma Fedriga non dimentica il passato: «Ha fatto tante cose buone per la Lega, non possiamo che ringraziarlo. E fargli un in bocca al lupo». Un ingresso di Violino in maggioranza sarebbe un tradimento? «Non la prenderei così. L’importante è aver dimostrato ancora una volta che la Lega pretende coerenza nei comportamenti verso gli elettori e il rispetto della linea politica. Non abbiamo alcuna intenzione di guardare agli interessi particolari e di replicare le promesse mancate e i voltafaccia di Serracchiani e del Pd».

Il definitivo strappo con Violino è tutto fuorché un fulmine a ciel sereno, ma è comunque un altro storico addio in casa della Lega, quella fondata sullo zoccolo duro friulano. Quella dei Visentin, dei Cecotti, degli Arduini, dei Fasola, di Alessandra Guerra, poco meno di 13mila preferenze nel 1998, in testa alla pattuglia di 12 consiglieri in piazza Oberdan, conseguenza di un eccellente 17,3% regionale (cinque anni prima, all’esordio, il Carroccio aveva toccato addirittura il 26,7%, 18 seggi su 60). La Lega costretta l'anno scorso da “rimborsopoli” allo scioglimento del gruppo dopo 21 anni ha contato 46 consiglieri regionali e 3 presidenti di Regione (Cecotti, Guerra e Fontanini, l’ultimo baluardo in Provincia di Udine), ma anche una defezione dopo l’altra.

Quella di Violino ha origine nel 2013: il leghista friulano non condivide il siluramento dell’ex segretario Piasente, di cui considera responsabile Fontanini, va in rotta di collisione con il commissario Dozzo, assiste infine all’indicazione di un segretario triestino in una regione in cui i voti arrivano soprattutto altrove. Poco a poco la presa d’atto che la Lega delle origini non c’era più.

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