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Allarme di Squinzi: «Un altro caso Ilva, ora Roma ci sentirà»

L'ira del presidente di Confindustria dopo i sigilli posti alla Fincantieri: "Sembra che non si voglia che le imprese operino in questo paese, è una cosa particolarmente grave". I sindacati: "A pagare non siano i lavoratori". Il ministro dell’Ambiente Galletti: «Stupiti e preoccupati». Serracchiani: «Chiarezza sull’interpretazione normativa»

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Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi (ansa)

TRIESTE Il leader di Confindustria Giorgio Squinzi, in genere moderato nelle prese di posizione, alza i toni sulla vicenda monfalconese di Fincantieri, considerata «un altro caso Ilva», con esplicito riferimento agli accadimenti giudiziari tarantini che hanno recato grave nocumento al più grande stabilimento siderurgico nazionale. «Sembra non si voglia - ha proseguito il presidente confindustriale a margine dell’assemblea associativa di Brescia - che le imprese operino in questo Paese».

Squinzi ha continuato a martellare parlando di «vicenda all’italiana» nella quale si blocca il lavoro di 5 mila persone sulla base di un provvedimento «di cui è difficilissimo comprendere la ratio, perchè è chiaro che che i rifiuti non si possono trattare a bordo delle navi, devono pure essere portati a terra in qualche modo». Un’azione di lobbing verrà esercitata sull’esecutivo, «credo - ha aggiunto Squinzi - che anche il Governo abbia la nostra stessa visione».

E in effetti lo stesso ministro dell’Ambiente, Luca Galletti, esprime a una prima valutazione della vicenda stupore e preoccupazione, perchè «un provvedimento di questo genere si giustifica solo se c’è un grave impatto sulla salute della cittadinanza». «Ci rendiamo conto - precisa ancora il titolare dell’Ambiente - che stiamo parlando di 4500 persone tra diretto e indotto». Secondo Galletti, bisogna trovare subito una strada praticabile che contemperi quattro fattori: tutela ambientale, legalità, lavoro, imprenditoria.

L’emergenza monfalconese ha determinato l’immediato coinvolgimento della Regione Fvg, cosicchè la presidente Debora Serracchiani ha relazionato in Consiglio regionale su quanto stava accadendo nel più grande stabilimento navalmeccanico europeo. La governatrice era in costante contatto con i ministri competenti Federica Guidi (Sviluppo Economico) e Galletti, oltre che con l’amministratore delegato del gruppo Giuseppe Bono, per cercare di risolvere una pericolosa crisi industriale causata da «un problema di complessa interpretazione normativa sul quale va fatta chiarezza».

Naturalmente il sistema confindustriale dell’area nordorientale - non va dimenticato che Giuseppe Bono è presidente di Confindustria Fvg - è sceso in campo per testimoniare l’appoggio a Fincantieri, temporaneamente orbata del suo sito produttivo di punta, dove si stanno preparando tre unità da crociere per clienti come Carnival e Msc (giusto lunedì scorso la fabbrica di Panzano aveva ospitato una gioiosa kermesse a cura della compagnia elvetico-partenopea). «Non voglio entrare nel merito delle decisioni della magistratura che, come dicono tutti, dobbiamo rispettare - scrive Bono - certo è che fare impresa in Italia è diventata sempre più un’impresa eroica e che mai come in alcune circostanze vale l’adagio dei nostri antenati romani, padri del diritto, che recita summum ius summa iniuria».

Di «forte ostilità verso l’industria» e di «inquinamento burocratico più che di inquinamento ambientale» parla il presidente di Confindustria Fvg (Trieste-Gorizia) Sergio Razeto, che oggi incontrerà la stampa. In azione anche Matteo Zoppas, a capo di Confindustria Venezia, cui è associato lo stabilimento Fincantieri di Marghera, che non a caso insiste sulla «necessità di un’applicazione delle norme ambientali che superino gli aspetti formali».

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