Trieste, terminal all’ex Aquila, la sfida di Teseco
L’azienda prosegue nei lavori preparatori senza attendere la pronuncia del Consiglio di Stato sul ricorso di Ezit e Regione

Teseco non aspetta la pronuncia del Consiglio di Stato sull’appello presentato da Regione ed Ezit, per proseguire nei lavori preparatori del terminal progettato nell’area ex Aquila.
Sarà lo stesso leader del gruppo pisano, il presidente e amministratore delegato Gualtiero Masini, a fare il punto della situazione, oggi alle 16.30, in occasione di un’audizione al Consiglio provinciale.
Intanto segnali di pace giungono da parte dell’Ezit, dove il presidente Stefano Zuban propone di «trovare una soluzione di compromesso» riguardo al contenzioso amministrativo, che ha già visto soccombenti al Tar del Friuli Venezia Giulia il suo stesso ente e la “coequipier” giudiziale, ovvero la Regione.
La ragione del contendere attiene a presunte inadempienze di Teseco nei confronti dell’Ezit, relative all’accordo di programma firmato nel dicembre 2005 e legate alla restituzione di terreni bonificati a prezzi “calmierati”.
A Trieste, in prima istanza, nel marzo 2014, il Tar ha dato ragione all’azienda toscana in quanto si è trattato di «inadempimento non imputabile alla ditta privata, ma a eventi indipendenti dalla sua volontà».
Teseco non parla attraverso i canali ufficiali. Gli orientamenti dell’azienda filtrano solo ufficiosamente.
Il quadro dell’area ex Aquila resta ancora fluido. A quanto risulta è stata completata la demolizione dell’ex impianto bitumi, che presentava anche problemi di rimozione dell’amianto.
Il quartier generale pisano sta intanto impostando i rapporti con il ministero dell’Ambiente circa l’effettuazione delle opere di bonifica, previa caratterizzazione e analisi del rischio, sui 62mila metri quadrati concessi dall’Autorità portuale nel settembre 2014 per la realizzazione della banchina multipurpose. In proposito il presidente Masini aveva precisato che i costi saranno a carico dell’azienda.
Sul versante delle concessioni, Bruxelles aveva trasmesso a fine aprile buone notizie per i tre “faldoni” - Siot, Tmt (Molo Settimo) e Teseco - su cui si era appuntata l’attenzione della divisione “mercato interno” della Commissione Ue: la pre-infrazione Eu-Pilot è stata “spenta” e i sessant’anni della concessione a Teseco non sono più in discussione.
Ma, fino a quando resta in piedi il giudizio amministrativo al Consiglio di Stato, che come detto coinvolge due interlocutori importanti come Regione ed Ezit, l’aura dell’incertezza finirà con il gravare sul destino e sulle tempistiche di un progetto ambizioso. Non in maniera vincolante, ma in modo comunque condizionante.
Riepiloghiamone i termini: Teseco diversifica la sua tradizionale attività ecoambientale e intende costruire un terminal multi-funzionale nella zona a mare dell’ex Aquila.
Per questo, come si diceva, ha ottenuto una concessione sessantennale dall’Autorità portuale, quando alla presidenza c’era Marina Monassi.
Il progetto prevede 5-6 anni di lavori e un monte di investimenti pari a 90 milioni di euro: opere e quattrini sono modulati lungo una sequenza di interventi che impegneranno oltre 250 mila metri quadrati, di cui 190 mila proprietà Teseco.
L’aspettativa è di occupare, tra impiego diretto (170 unità) e indotto, tra i 500 e i 600 addetti.
Il piano implica correlazioni ferroviarie con la banchina, basate sul rilancio della stazione di Aquilinia, distante un chilometro e mezzo.
Le risorse finanziarie verrebbero garantite soprattutto da investitori internazionali, i quali preferirebbero, prima di porre mano all’argent, che il contenzioso con Regione ed Ezit (che hanno chiesto complessivamente 156 milioni) fosse sistemato.
La vita triestina di Teseco, peraltro, non è mai stata facile. Lo sbarco alto-adriatico dell’azienda guidata da Gualtiero Masini avvenne all’inizio dello scorso decennio, quando furono acquisiti i terreni dell’ex Aquila da società partecipate da Edison e Shell.
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