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L’offshore frena i conti Fincantieri

Prezzo del petrolio basso e investimenti congelati segnano la trimestrale che chiude con un rosso di 27 milioni

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I vertici di Fincantieri durante l'ultima assemblea: l'ad Bono al centro 

TRIESTE. Un trimestre certo non indimenticabile per Fincantieri. L’effetto negativo dell’offshore, ovvero delle produzioni navali specializzate nella ricerca sottomarina e nel supporto logistico a essa, si è abbattuta sui conti del gruppo, controllato da Cassa depositi e prestiti al 72%, limando sensibilmente margine e profitti. La trimestrale è stata diffusa a mercati chiusi, ma evidentemente Piazza Affari fiutava l’aria e il titolo ha chiuso a 81 centesimi perdendo lo 0,92%.

La ricaduta sfavorevole del comparto, rappresentato dalla controllata (al 55%) norvegese Vard, era in gran parte attesa e gli analisti finanziari avevano a più riprese segnalato l’infausta eventualità: il calo del prezzo del petrolio si è riverberato sugli investimenti nella ricerca di nuovi campi sottomarini. L’indotto cantieristico è tra i comparti più esposti e Fincantieri, attraverso Vard, ne ha fortemente risentito. Gran parte delle più interessanti operazioni condotte dall’inizio dell’anno, dalla grande commessa Carnival al rinnovo della flotta militare italiana, non viene inscritta nel periodo gennaio-marzo e quindi non contribuisce a tonificarne i risultati.

Per dare fisica idea delle difficoltà attraversate dall’offshore, che negli scorsi anni copriva quasi il 40% del fatturato Fincantieri, è utile dare un’occhiata agli indicatori del comparto: il margine operativo lordo, nel confronto con il primo trimestre 2014, è dimezzato a 16 milioni, mentre gli ordini crollano da 662 milioni a 30, il portafoglio ordini scende da 3,9 a 3,2 miliardi, il carico di lavoro flette di quasi un terzo da 2,6 a 1,8 miliardi.

Il segnale è chiaramente inteso dall’amministratore delegato Giuseppe Bono, che ne aveva già parlato in occasione dell’assemblea del 28 aprile scorso: «la marginalità ha risentito principalmente del calo di redditività del sehmento offshore, ma anche di navi da crociera attualmente in produzione, per la maggior parte prototipi, che scontano dinamiche di prezzo depresse in quanto acquisite durante la crisi».

A livello di gruppo Fincantieri evidenzia un aumento dei ricavi del 20,2% a 1,1 miliardi, incremento trainato dalla crocieristica. Il margine operativo lordo scivola da 66 a 59 milioni, il che significa percentualmente passare dal 7,1% al 5,3%, con una forte incidenza dell’offshore crollato dal 9,8 al 4,8%. A ruota il risultato operativo flette da 42 a 33 milioni, con un’erosione del “margin” dal 4,5% del gennaio-marzo 2014 al 2,9% dell’inverno 2015. L’andamento non buono del periodo rimbalza sul risultato netto che chiude con un “rosso” di 27 milioni contro l’utile di 10 milioni realizzato nel primo trimestre 2014.

All’azienda preme sottolineare la solidità finanziaria che vede la posizione netta positiva per 81 milioni - circa il doppio rispetto al 31 dicembre - e il cash flow risulta a sua volta positivo per 81 milioni contro i 105 milioni “sotto” registrati al termine del trimestre ’14.

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