«Rigassificatore utile e strategico». Razeto rompe il fronte del no
Il presidente di Confindustria Venezia Giulia conferma la posizione in merito all’impianto: «Alla fine credo che non si farà, ma avrebbe portato occupazione e vantaggi economici»

Non è totalmente compatto, ma non è certo una novità, il fronte locale di opposizione al rigassificatore di Zaule. A romperlo Confindustria Venezia Giulia: il presidente Sergio Razeto, che è anche al vertice di Wartsila Italia, anche ieri ha definito l’impianto «strategico nell’ottica della politica energetica nazionale e utile per i benefici riflessi occupazionali ed economici anche sul tessuto locale». «Sono pressoché certo però - tira il freno Razeto - che il rigassificatore a Trieste non si farà perché troppi anni sono trascorsi dalla presentazione del progetto da parte di Gas Natural e quasi unanime è l’opposizione da parte dei cittadini e delle istituzioni territoriali».
Il rappresentante degli industriali non entra nel merito delle questioni che riguardano la sicurezza («se ne sono occupate commissioni molto più edotte di me»), mentre confessa che «mi lasciano un po’ perplesso le affermazioni e gli stessi studi che considerano l’afflusso delle navi gasiere incompatibile con il traffico portuale e anche con lo stesso sviluppo delle infrastrutture dello scalo». Razeto comincia dalla premessa secondo cui è costantemente a rischio l’approvvigionamento energetico da parte dell’Italia che è costretta a fare affidamento sui gasdotti che partono da Russia e Libia, due nazioni non estremamente affidabili. «Il rigassificatore di Zaule dunque - spiega il presidente - risulterebbe altamente strategico nell’ambito della rete energetica nazionale, anche se è vero che l’impianto analogo più vicino, quello di Porto Viro, oggi non è utilizzato al pieno delle proprie potenzialità».
Non vanno però affatto sottovalutati, secondo Razeto, i riflessi che l’impianto avrebbe in ambito locale, tanto più preziosi se considerata la lunga crisi economica e occupazionale che sta affliggendo anche il nostro territorio. «Innanzitutto vanno considerate le imprese, soprattutto locali, che concorrebbero alle elaborate operazioni di costruzione e di insediamento delle strutture, il che ridarebbe ossigeno anche al settore dell’edilizia. Operazione che non sarebbe fruibile invece - precisa Razeto - nel caso di un rigassificatore off shore che prevederebbe l’arrivo di componenti prefabbricate probabilmente in Estremo Oriente. Poi comunque un discreto numero di tecnici e di personale più o meno specializzato potrebbe concorrere al funzionamento, alla gestione, alla sorveglianza della struttura e si metterebbe anche in moto un indotto non indifferente. Va inoltre soppesato anche tutto il discorso legato alla catena del freddo che potrebbe crearsi a vantaggio di aziende alimentari e farmaceutiche». Fra i “pro” erano stati citati negli anni scorsi, l’ipotetica attrazione di nuove aziende, il possibile insediamento di una centrale elettrica a gas e la presumibile vendita all’industria del vapore generato. «Infine - conclude Razeto - potrebbero esserci sconti sulle bollette per tutti i cittadini e anche royalty da versare da parte del gestore al Comune». Difficile però che queste considerazione possano far breccia tra i triestini.
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