Concluso l’incontro a Roma, il presidente dell’Associazione nazionale Venezia-Giulia e Dalmazia, Renzo Codarin ha voluto mettere in luce «l’unità raggiunta dalle associazioni, limate le interpretazioni diverse del passato. Quei soldi (i 90 milioni di dollari più gli interessi, ndr) vanno ritirati, se questo non pregiudica le cause individuali su beni e indennizzi. Inoltre - ha aggiunto Codarin - c’è ovviamente il tema dell’equo e definitivo risarcimento dei singoli, dove si parla complessivamente di miliardi».
Il presidente dell’Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota, a sua volta presente nella capitale, ha confermato: «Il governo ha detto che se ritirerà i soldi, ciò non andrà a inficiare il discorso della restituzione dei beni». Lacota ha inoltre mandato un messaggio a Furio Radin, presidente dell’Unione Italiana e deputato al seggio garantito italiano al Parlamento di Zagabria: «È giusto che Slovenia e Croazia riconoscano cos’è stato l’Esodo e la responsabilità del loro partito comunista, ma auspico anche che l’Unione italiana, erede dell’Unione degli Italiani di Istria e di Fiume che era costola del partito comunista, riconosca il ruolo di fiancheggiatore avuto proprio dall’Uieff e quindi la corresponsabilità nelle sofferenze di centinaia di migliaia di italiani. Lancio un appello a Radin per un atto dell’assemblea dell’associazione. Questo - ha concluso Lacota - aiuterebbe molto nel rapporto con le associazioni degli esuli».
«Ho confermato a Ballarin - le parole di Renzo de’ Vidovich (Dalmati italiani) - l’orientamento dei Dalmati di Trieste a richiedere al governo di rinegoziare gli accordi che in qualche modo compromettono la restituzione dei beni degli esuli e dei residenti in Istria, Fiume e Dalmazia da parte della Croazia e della Slovenia, in violazione allo stesso Trattato di Pace che non può essere ignorato come è avvenuto nel periodo del governo consociativo Dc-Pci». (m.u.)
I commenti dei lettori