Padulano: lascio una città sicura e vivibile
Il questore di Trieste va in pensione: «Da cittadino vedo un nuovo slancio, progetti che nel giro di 10 anni potrebbero dare un futuro alle nuove generazioni»

Dal primo febbraio sarà mister Giuseppe Padulano e basta. Diventerà un normale cittadino, libero di passare le mattine al caffè leggendo i giornali oppure sui campi di tennis o di sci senza l’assillo di riunioni sull’ordine pubblico, di incontri in Procura, di appuntamenti istituzionali. Malgrado li nasconda bene grazie a un fisico asciutto e a un portamento giovanile, Padulano ha raggiunto la soglia dei 65 anni e quindi va in pensione. Ma per forza d’abitudine ai suoi uomini, incontrandolo, scapperà di chiamarlo ancora “signor questore”. In questi quattro anni e mezzo Padulano ha vigilato sulla città rivelandosi una presenza discreta e rassicurante. Ormai, dopo più di 16 anni di permanenza, a tutti gli effetti è un “mulo onorario”, un triestino acquisito. Nessuna fuga dopo la pensione: a Trieste ha famiglia, amici e una fitta rete di conoscenze. In pratica quasi tutta la sua vita.
Questore Padulano, cominciamo dai titoli di coda: cosa farà una volta in pensione? Adesso deve inventarsi una vita da normale cittadino...
Io credo di essere stato sempre un normale cittadino con le sue idee, le sue passioni, i suoi limiti, la sua sensibilità, i miei doveri che credo di aver messo alla base del mio lavoro che ho sempre amato. Ora ho voglia di osservare ed analizzare ciò che mi circonda con disincanto e senza ansia.
Le pesa lasciare o è il momento giusto per godersi un po' la vita?
E’ stato un percorso meraviglioso che fisiologicamente finisce lasciandomi esperienze umane e professionali incredibili. Sono una persona fortunata grata a tutti i Capi della Polizia che mi hanno dato significative opportunità professionali, come sono riconoscente verso gli agenti e funzionari che con me hanno condiviso un impegno così affascinante durato 40 anni. Ora il mio impegno totale sarà rivolto alla mia famiglia. Sono sereno e felice.
Facciamo un salto indietro nel tempo. Come è finito a fare il poliziotto?
Non avevo alcuna vocazione da poliziotto. Ho tre fratelli tutti laureati e provengo da una famiglia di operai. Mio padre era elettricista, con mia madre che aiutava facendo maglioni di lana in casa. Durante il periodo universitario lavoricchiavo in una fabbrica di bomboniere di onice e poi in un'agenzia del Lloyd Adriatico Assicurazioni. Avevo bisogno di lavorare e ho avuto la fortuna di vincere subito un concorso in Polizia per Vice Commissario in prova nel '75. Sono partito dalla stazione di Napoli Centrale: mai dimenticherò mio padre in lacrime ed il viaggio a Trieste con il cuore in fermento e mille preoccupazioni, pensieri, speranze, paure. Si era in piena emergenza Brigate Rosse e dalla vita civile ci avevano inseriti nel pianeta Polizia senza nemmeno un corso che avrei fatto solo due anni dopo nel 1978.
Il calcio, dato che era un buon centrocampista, l'ha poi aiutata a inserirsi in questa città....
Ero venuto nel '74 a Trieste con la squadra di calcio del Lloyd Adriatico per una sfida con la squadra di Trieste e Giorgio Irneri ci aveva portati in barca. Era il mese di giugno, la città stupenda, il mare splendido, la costa, la gente, ragazze splendide, la città mi aveva colpito e mi avevano fatto esclamare: "Ragazzi, se un giorno devo lasciare Napoli vengo a Trieste!!". E scelsi Trieste…
Dell'esperienza in Colombia cosa le è rimasto?
La capacità di dare il giusto peso alle cose. Ho avuto la possibilità di conoscere l'ambiente diplomatico; di confrontarmi con i rappresentanti di altre polizie presenti in Colombia. Ho conosciuto da vicino la vera insicurezza rappresentata dalla media annuale di 15.000 morti e 1.500 sequestri a causa del narcotraffico e terrorismo in Colombia. Ho visto in 4 anni l'impatto del narcotraffico sull'economia colombiana; ho visto la sera file di ragazzini con la coperta sulle spalle e la bottiglia di collante in mano ritirarsi nei tombini per passare la notte. Ho visto la povertà e la ricchezza sprezzante. Tutto questo mi è servito a capire la vita.
Parliamo della sua ultima parentesi triestina, da questore. Si è avuta l'impressione che abbia scelto una profilo basso...
Una scelta consapevole: responsabilizzare, dare spazio e fiducia a coloro che ti sono vicini e fanno "girare la macchina".
Che città lascia sul fronte dell'ordine pubblico?
Grazie all'impegno di tutto il personale lascio una città sostanzialmente sicura e vivibile, dove si riesce ancora a dare una risposta anche alle piccole istanze della gente.
Quello di una città che è una sorta di oasi di pace sembra ormai un luogo comune: c'è un evidente pendolarismo criminale. Furti nelle ville, nelle case in centro, rapine, scippi, stupri. Qualcosa è cambiato.
Gli scenari sociali sono in continua evoluzione; ma non si può rimanere fermi a certi schemi. La sicurezza è un bene di tutti e da tutti va salvaguardata. Impegno ed un po' di ottimismo con la consapevolezza che questa città può contare su Forze dell'Ordine all'altezza della situazione.
E ora anche l'emergenza profughi, come si risolve?
Prendendo innanzitutto atto di quello che sta capitando in altre aree del mondo e del perché stiamo assistendo a migrazioni così massicce di popoli interi. Evitare giudizi affrettati ed accostamenti tra insicurezza ed immigrazione. Occorre imparare a stare dentro le differenze e lavorare seriamente tutti senza strumentalizzazioni.
Si dice che, pur improntati alla reciproca correttezza, i suoi rapporti con la Procura non siano stati sempre facili...
Ho avuto rapporti splendidi sia quando ero capo della squadra mobile sia nella funzione di Questore ed oggi ho carissimi amici nel Palazzo di Giustizia. Ho ricevuto in questo giorni lettere che mi hanno fatto un enorme piacere. Il rapporto oggi con l'A.G. è diverso rispetto agli anni in cui facevo Polizia Giudiziaria. Un rapporto forse figlio dei tempi in cui viviamo: più distacco, più individualismo, a volte più diffidenza. Problemi forse generazionali e di formazione, risolvibili, pur nel rispetto dei ruoli che vede il P.M. dominus e coordinatore delle indagini, con una più diretta conoscenza dei modi, dei luoghi, delle difficoltà, delle problematiche di chi lavora sul campo.
I sindacati, invece, l'hanno accusato di fare il gallerista. Tante mostre e poca attività di polizia...
In Polizia ci sono ben 10 sindacati e ne ho visti di commenti ben peggiori. È una scorciatoia usata, fortunatamente, da una minoranza per catturare il consenso. Il sindacato svolge un ruolo fondamentale e ci sono sindacalisti all'altezza che hanno capito che il Questore non è un nemico.
Fuori il dente, fuori il dolore: il caso Alina solo un episodio sfortunato o la gestione dei detenuti liberati in attesa di reimpatrio doveva essere diversa?
Vicenda che mi ha molto addolorato ma sono sicuro che si riuscirà a dimostrare la buona fede di chi ha operato avendo come obiettivo la sicurezza pubblica.
Difficile parlare di simpatie politiche con un questore anche se in uscita. Alla repressione ha sempre preferito il dialogo, sempre cercando di tutelare i più umili...
L'equilibrio deve essere la dote più importante per un dirigente che lavora per lo Stato. Ritengo che la repressione sia sinonimo di debolezza e che un sorriso strappato ad una persona debole in difficoltà o che ha subito un torto o un'ingiustizia sia la cosa più importante che ti aiuta ad andare avanti.
Su cosa dovrebbe puntare Trieste: porto, turismo ed eventi culturali o ci sono altre carte da giocare?
Ho la sensazione che oggi possa esservi una scossa ed un nuovo slancio per questa città con grandi progetti che potranno dare entro 10 anni un futuro migliore ai nostri ragazzi. In questi anni ho incontrato nelle scuole tanta bella gioventù e su di loro possiamo contare. L'importante è che le famiglie li aiutino ad orientarsi ed a fare delle scelte ed a combattere il "conformismo della trasgressione". Sono tutti vestiti uguali, tutti lo stesso linguaggio, tutti lo stesso cellulare… Bisogna aiutarli a costruire una cultura perché la cultura permette di comunicare, spiegarsi, socializzare, trasmettere valori ed evitare di trascinarsi in giro con una bottiglia di birra in mano.
Un problema che avrà più volte affrontato nel suo lavoro: come conciliare in centro storico le esigenze dei giovani che tirano mattina con quelle dei residenti che chiedono di poter dormire?
Contemperare le esigenze dei giovani con quelle degli esercenti e quelle dei residenti è forse la cosa più complicata e difficile da risolvere. Disciplina ed equilibrio da parte degli esercenti; educazione e sensibilità da parte dei giovani; regolamento preciso da parte del Comune; costante attenzione della Polizia di Stato. Queste possono essere le soluzioni.
Adesso che va in pensione non si metterà anche lei a scrivere un poliziesco o le sue memorie come tanti suoi colleghi?
I miei ricordi li accarezzerò gelosamente solo nella mia mente.
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