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Scuola, la sentenza Ue “bacia” 100 precari

Prime stime sulle possibili assunzioni di docenti e ausiliari negli istituti statali. Più certezze per i supplenti di cattedre scoperte

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Ragazzi tra i banchi di scuola in una foto di archivio 

“Meno male che l’Europa c’è”. Susanna Camusso - cui tale refrain è venuto mercoledì non appena la Corte di giustizia europea ha intimato all’Italia di assumere i precari della scuola di lungo corso - è secondo Matteo Renzi l’altra faccia della stessa medaglia di Matteo Salvini, goleador di Berlusconi e nemico giurato di quest’Europa. Chissà da che parte stanno - politicamente e sindacalmente parlando, in questo corto circuito ideologico - quei cento supplenti storici delle scuole statali triestine che, proprio da mercoledì, alla luce della sentenza venuta dal Lussemburgo, se ne ritrovano teoricamente coinvolti. Fologorati dalla speranza di una stabilizzazione, di lavoro e di vita, finora negata.

Sarebbero infatti un centinaio - secondo le prime spannometriche stime uscite in queste ore dall’Ufficio scolastico provinciale - i precari con alle spalle almeno tre anni di servizio nelle scuole dello stesso territorio giuliano di competenza dello Stato (per quelle del Comune si legga a lato, ndr) che rientrerebbero nella casistica contemplata dalla sentenza europea in cui si dice basta ai rinnovi su rinnovi dei contratti a termine in quanto pratica «contraria al diritto del lavoro nell’Ue». La “categoria” considerata dall’Ufficio scolastico è costituita da personale sia docente che ausiliario, spalmato dalle materne statali alle superiori, e rappresentato in sostanza da sue “sottoclassi”. La prima, la più “blindata” delle due, comprende gli assegnatari - “over” 36 mesi d’anzianità - di supplenze annuali in scadenza il 31 agosto: sono coloro i quali, da precari, coprono una posizione lavorativa di ruolo che non risulta avere un titolare, e che potrebbe dunque essere effettivamente attribuita in via definitiva. La seconda “sottoclasse” - finché a tale sentenza europea non sarà data una lettura tecnico-giuridica univoca - potrebbe anche restarne fuori. È quella dei contrattisti annuali - sempre e comunque “over” 36 mesi - che scadono al 30 giugno: pure loro coprono un ruolo, ma tale ruolo ha un titolare, benché al momento fuori servizio, in aspettativa ad esempio.

Qualora il succo della sentenza riguardasse solo i supplenti di posti di ruolo senza un padrone, e non gli altri, i beneficiari finirebbero chiaramente con l’essere meno di cento. Ma non è, questo, l’unico punto di domanda. Mentre la segretaria provinciale della Flc Cgil Anna Busi scrive in una nota che quello di mercoledì è stato «un gran bel giorno per i docenti e amministrativi precari che da anni lottano contro il Ministero dell’Istruzione che ha fatto dell’abuso dei contratti a tempo indeterminato la norma anziché l’eccezione», sfidando il Governo «a dare immediata attuazione a quanto previsto da Bruxelles», il segretario provinciale degli autonomi dello Snals Franco De Marchi non si discosta invece dall’interpretazione dell’Anief, la sigla in prima linea delle battaglie legali in sede nazionale approdate alla Corte di giustizia europea: «È da chiarire se il Ministero si orienterà a varare un’immissione a ruolo generale per legge o se serviranno singoli passaggi individuali davanti al giudice del lavoro, da parte dei singoli lavoratori titolari del diritto soggettivo riconosciuto dalla sentenza europea. Si va effettivamente verso l’adeguamento delle procedure di assunzione italiane, che hanno creato precari a lungo termine, alla normativa europea. Le 150mila assunzioni promesse a settembre 2015 dal Governo nell’ambito del Piano de “La buona scuola” già vanno inserite proprio in questa prospettiva. Siamo comunque di fronte a una sentenza attesa, che fa giustizia ed eviterà confusioni».

Ma le questioni aperte non si esauriscono ancora. L’eurosentenza parla di scuola, perché è sulla scuola che la Corte del Lussemburgo è stata interrogata, ma - in astratto - potrebbe investire ogni settore del mondo del lavoro, quantomeno quello del pubblico impiego: «Certo non vogliamo sostenere fin d’ora, prima di aver promosso un adeguato approfondimento dal punto di vista tecnico-giuridico, alcun automatismo - chiosa il segretario provinciale della Cgil Adriano Sincovich - però la sentenza va in un senso estensivo, generale. Segna un principio, e dice che quest’andazzo, fatto di contratti precari che si rinnovano, non va bene».

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