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L’Arpa conferma: la centrale A2A non è l’unica fonte d’inquinamento

Il direttore Daris: «Non risultano sostanziali differenze tra l’impianto in fermo-produzione e in esercizio»

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La centrale termoelettrica di Monfalcone 

Non sono emerse sostanziali differenze in fatto di emissioni raffrontando la centrale in stato di fermo-produzione e in esercizio. A sostenerlo è l’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Arpa) del Friuli Venezia Giulia, che ha consegnato all’assessore Sara Vito gli esiti delle rilevazioni eseguite e commissionate dalla Regione, al fine di monitorare un ulteriore aspetto in ordine all’impatto dell’impianto termoelettrico, sfruttando lo “stop” dell’attività produttiva avvenuto nel marzo scorso, in occasione degli interventi di manutenzione e di revisione programmati da A2A e coincidenti con la procedura di installazione dei “Denox”, ai fini dell’abbattimento degli ossidi di azoto. Quanto è scaturito dalle verifiche dell’Arpa, dunque, si allinea con i risultati forniti recentemente dallo studio sui contributi all’inquinamento da parte delle principali fonti nel mandamento, commissionato dal Gruppo A2A alla società Arianet, specializzata nella valutazione della qualità dell’aria con riguardo alla dispersione e alla trasformazione degli inquinanti. Il principio di fondo è stato confermato: la centrale rappresenta solo una delle fonti di inquinamento del territorio monfalconese. Al bilancio complessivo in fatto di macroinquinanti (ossidi di azoto, anidride solforosa, polveri) e microinquinanti (metalli pesanti) concorrono ulteriori apporti specifici, derivanti dal traffico, ma anche dalle altre attività industriali, compresi porto e aeroporto.

I dati in merito alle rilevazioni dell’Arpa saranno resi noti e illustrati nel dettaglio in occasione di una conferenza stampa che sarà a breve organizzata in città, alla presenza dello stesso assessore regionale all’Ambiente, Sara Vito. Intanto il direttore dell’Arpa Fvg, dottor Fulvio Daris, ha anticipato: «Dalle analisi eseguite attraverso le nostre centraline di rilevamento, alle quali sono state affiancate due nuove postazioni nel territorio monfalconese, si può affermare che non risultano variazioni significative dei valori di emissione nel raffronto delle condizioni di centrale chiusa e aperta. Ciò significa che evidentemente insistono altre fonti di inquinamento, a partire dal traffico veicolare e riconducibili ad altre attività industriali, cantieristiche e portuali».

Il monitoraggio dell’Arpa è iniziato lo scorso marzo, quando la centrale termoelettrica era stata fermata per permettere i lavori di manutenzione e di revisione degli impianti, ed è proseguito fino a luglio, considerando quindi anche il periodo di ripresa della produzione avvenuta nel mese di maggio. Le analisi hanno riguardato le polveri sottili, Pm10 e Pm 2.5, passando per gli ossidi di azoto, fino ai metalli pesanti. In rassegna anche il benzopirene, idrocarburo contenuto nel catrame del carbon fossile, per il quale, come ha spiegato il dottor Daris, sono stati rilevati valori decisamente bassi.

Intanto, l’assessore Sara Vito ha osservato: «Non si riscontrano grandi discrepanze di valori tra la centrale chiusa e aperta. Non risultano pertanto elementi di particolare rischio ai fini delle ricadute sul territorio monfalconese, com’era già emerso dal biomonitoraggio attraverso i licheni eseguito dall’Università di Trieste in collaborazione con l’Arpa. Studio, quest’ultimo, che sarà affiancato da ulteriori, e doverosi, approfondimenti». L’assessore Vito ha inoltre ricordato l’istituzione dell’osservatorio regionale, in condivisione con l’assessorato alla Salute, e lo studio epidemiologico che partirà nella primavera del 2015, oltre al contributo fornito dallo studio promosso dalla Provincia di Gorizia.

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