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Trieste città di centenari: nel 2050 si calcola che saranno 600

Stime del direttore di Geriatria, Gabriele Toigo: oggi gli over-90 sono quasi 3700 «Le nostre cure sono fatte di scienza ma anche di supporto psicologico»

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Il prabzo dei centenari organizzato da Suban 

Nel 2050 a Trieste vivranno tra i 500 e 600 cittadini con 100 e più anni. Il loro numero cresce in fretta. Dalle poche unità di anni addietro siamo oggi a 150 persone. I novantenni (e oltre) sono quasi 3700, l’80% di sesso femminile, e rappresentano l’1,5% della popolazione (la media italiana è di 0,9%).

Osservatorio privilegiato (anche se naturalmente li vede quando non stanno bene) è il reparto di Geriatria dell’ospedale Maggiore, 24 letti, 6 medici, una quindicina di specializzandi, 500-600 ricoverati ogni anno. Che Giulio Bartoli, per la sua tesi di laurea in Medicina, ha messo sotto analisi, recuperando informazioni post-ricovero su 230 ultranovantenni: il 70% era entrato in ospedale proveniente da casa propria, la metà ci viveva da solo, il 70% è stato dimesso, e nel 60% dei casi ha fatto ritorno al proprio domicilio, con o senza necessità di assistenza continuativa, dopo una quindicina di giorni di cure intensive, mediche ma anche di mobilizzazione, miglior nutrizione, e psicologiche per contrastare umori depressi facilmente in agguato.

La multidisciplina medica che il reparto specializzato mette in azione di fronte a una somma di malattie anche gravi allunga effettivamente la vita, come ha dimostrato scientificamente l’indagine di Bartoli, che sarà presentata domani nel corso di un convegno, preceduto alle 14 dall’intitolazione della “sala specializzandi” a un grande medico geriatra prematuramente scomparso, e molto rimpianto, Rocco Sceusa.

I dati di “report” saranno commentati da Gabriele Toigo, direttore del reparto e della Scuola di specializzazione, l’unica in Friuli Venezia Giulia. «Noi siamo veramente una bella luce accesa - dice Toigo che alla scienza unisce grandissima dolcezza verso l’età anziana -, consapevoli anche del fatto che un malato a queste età ha assoluto diritto a cose che non sempre in ospedale gli vengono garantite: di solito non si muove (e ne ricava danno), non mangia a sufficienza, perde funzioni cognitive, non riesce a dormire, e prova dolore. Tutte queste condizioni negative vanno eliminate per un buon recupero, e noi abbiamo misurato che i nostri pazienti escono con successivo minore rischio di cadute, demenze, declino funzionale, e necessità di ricovero istituzionale». Raccomandato ai medici di «non essere musoni», di avere una carezza in tasca per tutti, «e di curare il novantenne come un ventiseienne». Salvo prestare maggiore e immediata attenzione ad attivare servizi sociali e “dimissione protetta” quando necessario.

E la “dimenticanza” delle tabelle regionali che con la riforma sanitaria avrebbero fatto sparire Geriatria? Solo pensando ai futuri 600 centenari Toigo resta impassibile: «Se l’errore è stato corretto, non dirò altro che “pazienza”».

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