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In Fvg addio della Lega al Palazzo dopo 21 anni tra trionfi e flop

L’espulsione della capogruppo Piccin segna il titolo di coda per il Carroccio L’exploit delle regionali del 1993 con il 26,7% di voti raccolti è ormai un ricordo sbiadito

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Lo sguardo contrariato di una militante leghista a un raduno del Carroccio 

«Mi dispiace, speriamo che la prossima volta vada meglio», dice Pietro Arduini. «Non commento quello che non capisco», aggiunge Roberto Visentin. Nessuna tenerezza particolare per la Lega Nord del Friuli Venezia Giulia che è a un passo dallo scioglimento del gruppo in Regione causa l’espulsione in arrivo di Mara Piccin. Nel caso dell’ex potente parlamentare della prima ora padana (Visentin è stato deputato e poi senatore dal 1994 al 2001), c’è anzi un gelido distacco da una vicenda che non appartiene più da tempo. Eppure, se anche i grandi vecchi della Lega non mostrano particolare emozione, il momento è storico: dopo 21 anni le insegne del Carroccio spariranno da piazza Oberdan.

È stata una storia di successi e cadute, battaglie e vergogne, soprattutto alla fine. Ha messo in fila 46 consiglieri regionali e 3 presidenti di Regione. Gli ultimi eletti, in ordine alfabetico, sono Mara Piccin, Claudio Violino e Barbara Zilli (subentrata a Stefano Mazzolini, dichiarato ineleggibile pochi mesi dopo il voto dell’aprile 2013). Se, come pare probabile, Milano ratificherà la richiesta di espulsione del consiglio nazionale leghista, Piccin si siederà nel Misto e il gruppo, sotto il tetto minimo dei tre consiglieri, si dovrà sciogliere.

La Lega compare per la prima volta in Consiglio regionale Fvg nel 1993. Si va al voto il 6 giugno e, in era post Tangentopoli, è boom per il movimento di Umberto Bossi: il Carroccio è il più eletto con oltre 212mila preferenze, tocca il 26,7%, stacca la Democrazia cristiana di oltre 4 punti e il Pds di poco meno di 17, conquista 18 seggi su 60. Per la prima volta nella storia delle elezioni regionali, la Dc non è il primo partito e non esprime il presidente. Il 3 agosto, infatti, nasce la giunta di Pietro Fontanini: gli assessori padani sono 9. L’attuale presidente della Provincia di Udine non sarà l’unico governatore leghista in regione. Seguiranno Alessandra Guerra, tra il 1994 e il 1995, e Sergio Cecotti, per quasi tutto il 1996. Una legislatura piena di ribaltoni, quella 1993-98: a guidare il governo regionale anche il pidiessino Renzo Travanut e il Popolare Giancarlo Cruder.

Nel 1998 la Lega non trionfa ma porta comunque a casa un solido risultato: 17,3% e 12 seggi. La più votata è Guerra (12.948), a Claudio Violino, ultimo degli eletti, bastano 873 preferenze per entrare in Consiglio. In aula ci sono leghisti che faranno storia in regione: Arduini, che diventerà l’assessore alle Finanze della prima giunta Tondo, Maurizio Franz, presidente dell’assemblea nel Tondo bis, la triestina Federica Seganti, i pordenonesi Danilo Narduzzi e Beppino Zoppolato.

Cinque anni dopo arriva il momento della scoppola. Guerra è candidata alla presidenza ma, nella prima elezione diretta in Fvg, viene nettamente battuta da Riccardo Illy. La Lega non supera il 9,3% e non va oltre i 5 consiglieri: assieme a Guerra ci sono gli uscenti Fulvio Follegot, Franz, Violino e Paolo Panontin, oggi assessore della giunta Serracchiani. Nel 2008, dopo un mandato all’opposizione, va decisamente meglio. Nel centrodestra che trascina Tondo alla vittoria su Illy, la Lega risale al 12,9% e schiera in aula 8 consiglieri: Enore Picco, Edoaurd Ballaman, Danilo Narduzzi, Federico Razzini, Mara Piccin, Claudio Violino, Maurizio Franz e Ugo De Mattia. Ma è la legislatura degli scandali: prima Ballaman, da presidente del Consiglio, scivola sui viaggi privati in auto blu, poi il gruppo viene coinvolto pesantemente nel caso dei rimborsi allegri a Palazzo. «Nulla che non fosse già abbastanza prevedibile dal 2001 - dice Visentin -. Per quel che mi riguarda la Lega è morta allora».

Se il gruppo si scioglie, però, non resteranno neanche i superstiti. L’espulsione di Piccin è il titolo di coda 21 anni dopo la vittoria. «Le colpe sono molteplici - rileva Arduini -. Anche della segreteria di Milano. Certo, dispiace vedere sparire un partito che ha avuto una storia». «Che cosa accadrà? Non riesco a interessarmi del futuro dell’inesistente», fa sapere, seccamente, Visentin.

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