Sono 17 i deportati in Jugoslavia sopravvissuti
Si tratta di un gruppo di finanzieri che fece rientro in Italia tra il 1945 e il 1946. Stasi: «Ora la parola agli storici»

Qualcuno può interpretarla come una macabra contabilità, qualcuno come una preziosa occasione per rileggere la storia. E ciò in un territorio, il nostro, dove il passato, per un motivo o per un altro, è assai presente. Parliamo della ricerca pubblicata dalla rivista Isonzo-Soca di cui ieri, nel cortile interno del KB Center, è stata annunciata l’uscita del nuovo numero, il 103.mo. Fra i nomi dei 665 deportati sul monumento del parco della Rimembranza troviamo quelli di 28 finanziari. Di questi 28, 17 hanno fatto ritorno in Italia a guerra finita.
La ricerca è contenuta in un libro edito dalla Leg (“Dal primo colpo all’ultima frontiera. La Guardia di Finanza a Gorizia: una storia lunga un secolo”) e avente per autori proprio due finanziari: Michele Di Bartolomeo e Federico Sancimino. Appunto, il risultato di tale ricerca è ripreso da Isonzo-Soca che contiene (tra gli altri suoi approfondimenti) pure un’intervista a Di Bartolomeo. A quella dei 17 finanziari fortunatamente rientrati in Italia va poi aggiunta la storia di Ugo Scarpin, il cui nome è stato cancellato dal lapidario in quanto pur egli era riuscito a rientrare in Italia.
Non è tutto. Isonzo-Soca cita anche la ricerca del vicepresidente dell’Anpi provinciale di Gorizia Giuseppe Lorenzon, conclusasi con la sua morte nel 2001, che aveva fornito prove su come già 99 di quei 665 “erano estranei alle deportazioni e agli scomparsi nel maggio del 1945 e che altre 5 persone avevano il loro nome inciso due volte”. Lorenzon, tramite più lettere, informò della ricerca l’allora sindaco Tuzzi e il suo successore Valenti chiedendo la cancellazione dei nomi ma ottenendo risposte negative.
«Ora siano gli storici e gli istituti di storia di Trieste e Udine ad approfondire la questione. Sarebbe opportuno arrivare ad esporne i risultati magari in un convegno senza alcuno spirito polemico» ha affermato il direttore della rivista, Dario Stasi. Anche se «Iinumeri cominciano a essere rilevanti - ha detto, sempre ieri, la storica Anna Di Gianantonio - e possono andar contro le volontà di chi ha fatto costruire quel monumento. Occorre cancellare dal lapidario i nomi di coloro che son rientrati in Italia e avviare una seria azione culturale: e ciò proprio per una pietas nei confronti dei morti».
Pure Dario Ledri è intervenuto: «Non si vuole mettere in discussione ciò che è avvenuto a guerra finita. Non cambia nulla se invece di 665 fossero 520. Ma per la verità storica occorre cancellare i nomi che non c’entrano con coloro che sono stati deportati e infoibati, anche a tutela della memoria di coloro che hanno subito un’atroce sorte». Ancora, sono intervenuti, per l’Anpi, Paolo Padovan, («Desideriamo che la verità venga fuori e ciò può essere fatto con il contributo degli storici») e Mirko Primožic («Ben venga la lettera di Romoli a Renzi sulla riapertura degli archivi a patto che si aprano tutti gli archivi, non solo una loro parte»).
Ed è intervenuto pure Franco Dugo, autore della copertina di Isonzo-Soca che ritrae Kennedy nell’atto di indicare la Stella Rossa sulla Transalpina; Kennedy, nel ’52, alla Transalpina venne per davvero «anche se non si riesce a trovare una foto di quella visita forse perché non c’è un vero interesse a cercarla»,ha chiosato Stasi.
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