In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Galateri: Generali più forti, pieno sostegno a Greco

Il presidente della Compagnia parla in vista dell'assemblea dei soci, prevista per il 30 aprile a Trieste: «Siamo tornati un gruppo internazionale attrattivo per gli investitori». «Azione di responsabilità verso gli ex manager? Presa la decisione giusta. Non lasceremo mai questa città, legame storico»

5 minuti di lettura

TRIESTE. Presidente Gabriele Galateri, nell’ultimo anno le Generali hanno accelerato una fase di forte cambiamento per il gruppo. É soddisfatto del lavoro portato a termine finora?

Il 2013 è stato fondamentale per Generali. Il management ha avuto a disposizione un anno completo nell’esecuzione del nuovo piano strategico. In un contesto economico, che comunque resta complesso, il gruppo ha ripreso slancio. Lo testimoniano i numeri. Nel 2013 abbiamo sfiorato i 2 miliardi di utile netto con un risultato operativo a 4,2 miliardi. Credo che la qualità del lavoro che sta facendo il management guidato da Mario Greco sia evidente con obiettivi chiari che io definisco cartesiani. Siamo assicuratori e siamo ritornati a focalizzarci sul business, è stata avviata una politica di dismissioni per migliorare il patrimonio, è stata rafforzata la struttura manageriale e semplificata la governance. Mercoledì ci presentiamo in assemblea ai nostri azionisti con un dividendo più che doppio rispetto lo scorso anno e risultati confermano che siamo sulla buona strada: a un anno dal lancio della nuova strategia le Generali sono più forti.

Avete già incassato 2,6 miliardi su un target di 4 miliardi di cessioni al 2015. A che punto è il piano di dismissioni?

Il piano di dismissioni è ben impostato. Non ho dubbi che rispetteremo l’obiettivo.

Lei è anche presidente del comitato di governance per le società quotate. Il Ceo Greco ha fatto profondi cambiamenti: oggi c’è il Group Management Committee che riunisce i 10 top executive mentre il Cda è stato ridotto a 11 membri e non esiste più il Comitato Esecutivo. Pensa che la governance delle Generali sia ora ottimale?

Si. E credo che oggi le Generali possano essere considerate come una best practice di riferimento. Sono molto soddisfatto. Abbiamo una squadra di management di primissimo piano e un consiglio in cui sono presenti delle figure importanti, ognuna in grado di portare la sua esperienza a favore del gruppo. Di rilievo il fatto che quattro consiglieri su undici sono donne. Anche il funzionamento dei comitati è davvero efficiente e l’abolizione del comitato esecutivo ci permette di condividere maggiormente tutte le decisioni in cda. É stato razionalizzato il sistema di gestione in particolare per quanto riguarda il processo degli investimenti e di gestione dei rischi con innesti di professionalità internazionali. Nelle nostre riunioni il clima davvero costruttivo. Certo, su alcuni temi c'è dialettica, ma lo considero un fatto positivo. Devo dire che sono molto contento di come stiamo lavorando.

Qualche turbolenza fra gli azionisti quest’anno è però arrivata a seguito dell’azione di responsabilità nei confronti dell’ex amministratore delegato Giovanni Perissinotto e dell’ex direttore finanziario Raffaele Agrusti. Non teme che, anche in un anno di risultati record, questa vicenda possa riaccendere tensioni con una parte dell’azionariato?

Su questa vicenda abbiamo semplicemente fatto quello che dovevamo fare sulla base delle regole di governance e su quelle che devono essere le best practice di una società quotata internazionale come la nostra. In cda c’è stata una dettagliata discussione delle evidenze che avevamo e dei pareri legali richiesti. É stato un lavoro molto approfondito, fatto con grande serietà. In Consiglio abbiamo poi preso la decisione giusta. E lo abbiamo fatto ispirati da un'unica ragione: la tutela dell’azienda e dei nostri azionisti. Non vogliamo perseguire nessuno per chissà quali forme di antagonismo. Siamo stati mossi unicamente da ragioni di trasparenza.

Si è parlato del voto contrario di un consigliere...

Ogni consigliere ha fatto le sue valutazioni. La decisione del consiglio di amministrazione è stata poi molto chiara.

Lei è stato definito un presidente di garanzia..

É un ruolo che mi piace molto e nasce dalla stabilità di grandi e piccoli azionisti delle Generali convinti di essere adeguatamente tutelati e considerati. In questo modo il management può operare con la necessaria tranquillità.

Sul fronte dell’azionariato importanti “pacchetti” di Generali sono in movimento. II Fondo Strategico ha già avviato la vendita graduale della sua quota del 4,5%, eredità della Banca d’Italia. Mediobanca scenderà dal 13% al 10%. Qual è l’equilibrio ideale nell’azionariato delle Generali?

Oggi abbiamo azionisti che stanno sostenendo il gruppo e la nuova strategia delle Generali. Ci sono i soci strategici e quelli istituzionali che partecipano, attraverso il board, alle decisioni fondamentali dell’azienda. E poi non dimentichiamo i 250mila azionisti che credono nella nostra azienda. Fa piacere vedere come ci sia sempre maggiore attenzione al nostro titolo da parte di importanti investitori istituzionali. Il mercato è tornato a considerarci come un vero player internazionale, sempre più capace di generare valore e risultati. Questo è anche dimostrato dall’attrattività che hanno avuto le nostre recenti emissioni obbligazionarie.

I grandi fondi esteri stanno tornando a investire in Italia. Il recente collocamento sul mercato di un bond da 1 miliardo da parte di Generali ha ottenuto una domanda sette volte l’offerta. C’è un ritorno di interesse per l’Italia e per le Generali?

Non c’è dubbio. Come si diceva anche a proposito della Fiat, ciò che va bene per le Generali va bene anche per il Paese. I mercati riconoscono che il nostro gruppo sta riconquistando spazio nel sistema economico europeo e mondiale. Le Generali sono una società basata in Italia, con una grande presenza internazionale in 60 paesi. Stiamo investendo circa 300 milioni in Italia e abbiamo lanciato una grande riorganizzazione per mantenere la leadership. E questo fa bene anche al Paese che non è affatto destinato al declino ma ha enormi capacità imprenditoriali e può farsi rispettare.

Il Leone è sempre più internazionale, ma l’Italia rimane il suo principale mercato con circa il 30% dei premi. Standard and Poor’s minacciava di declassare il vostro rating. Pensa che sulle Generali, sempre più internazionali, pesi ancora il rischio Paese?

La conferma del rating di Standard & Poor’s è stata un grande successo di Greco e del team manageriale che hanno avuto con confronto molto serrato con l'agenzia. Anche nello stress test estremo previsto dai nuovi criteri a cui ci ha sottoposto l’agenzia è emersa la straordinaria forza patrimoniale di Generali, che peraltro continua a migliorare grazie all’esecuzione del piano. Avevamo contestato da subito i criteri di Standard and Poor’s basati sul rischio, remotissimo, di un default dell’Italia. Questo nostro successo va letto anche come un ottimo segnale per il Paese e per le sue imprese.

Il Governo Renzi ha obiettivi e strategie chiare?

È partito con molta determinazione. Ora mi auguro che sia capace di portare a compimento i suoi progetti. Siamo tutti consapevoli che il Paese non si può permettere di perdere altri treni. Secondo me le priorità devono essere una riduzione della spesa pubblica e l’alleggerimento della pressione fiscale per lavoro e imprese. Le nuove risorse finanziarie, che arriveranno dai risparmi, dovranno essere investite di più in innovazione, ricerca e soprattutto trasferimento tecnologico.

Pensa che il taglio degli stipendi dei manager pubblici decisi dal governo Renzi debba trasferirsi o imporre una moral suasion anche al settore privato?

É vero che nel campo delle retribuzioni ci sono stati eccessi, e non solo in Italia. Nel settore finanziario si devono introdurre regole precise per agganciare la remunerazione ai risultati.

In termini di tassazione ritiene che le Generali siano penalizzate rispetto agli altri competitors esteri?

Per quanto riguarda la tassazione, questo è invece un problema sul quale anche il nuovo Governo deve riflettere. Non possiamo sentire minacciata la nostra competitività sui mercati per un tax rate che è significativamente più alto che in altri paesi.

Le Generali hanno dato il via negli ultimi due anni allo scioglimento di un sistema di partecipazioni incrociate e patti di sindacato. Lei che ha guidato in passato Fiat, Mediobanca e Telecom è sorpreso della rapidità del processo?

Il sistema dei patti di sindacato ha ormai fatto il suo corso in un mondo ormai globalizzato. Dal dopoguerra il sistema finanziario italiano ha mostrato fragilità importanti. Le Generali sono giá uscite da numerosi patti e continueremo a farlo. È importante oggi che le aziende italiane siano attrattative per gli investitori e vengano gestite secondo le best practice di governance. Oggi ciò che conta è unicamente la creazione di valore.

Come va la crescita sul versante Europa orientale e negli altri mercati strategici?

Nell’Europa dell’Est stiamo facendo investimenti importanti. Ma anche in Asia si stanno sviluppando nuovi mercati e guardiamo alle potenzialità del Sud America.

Che prospettive vede invece per l'Europa? Abbandonare l’austerity?

L'Euro è un processo irreversibile ma credo che ora, sia a Bruxelles che in alcune cancellerie, sia il momento di pensare a misure europee strutturali per la crescita.

La crisi è finita?

Se guardiamo all'economia mondiale direi di si. La Cina ha rallentato la sua crescita e sta affrontando alcuni problemi strutturali ma continua ad essere un gigante in continuo sviluppo. In Asia ci sono paesi come l'Indonesia, 200 milioni di abitanti, che stanno mostrando grande dinamismo. Sono aree, fra l'altro, in cui le Generali sono presenti in maniera sempre più significativa.

Il gruppo si prepara a trasferire tremila dipendenti nella grande torre Hadid nell’ambito del grande progetto Citylife a Milano. C’è il rischio che la vostra presenza a Trieste si ridimensioni?

Voglio innanzitutto ricordare che a Citylife si concentreranno solo i dipendenti che lavorano a Milano oggi sparsi in più sedi. Milano per noi è importante dal punto di vista anche logistico. Ma non abbandoneremo mai Trieste, una grande città che ci avvicina all’Est Europa. Qui ci sono le radici della nostra storia e un grande valore gepolitico. Capisco le preoccupazioni per un distacco dalla città: non ve ne è motivo. Peraltro in città sta anche per partire la Corporate Academy globale per la formazione dei nostri quadri di tutto il mondo. É un altro grande segnale che vogliamo dare alla città. E anche come presidente dell’istituto italiano di tecnologia conto di stringere al più presto accordi di collaborazione con l’area scientifica triestina.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti dei lettori