«Equitalia mi perdona, l’Inps no» E l’azienda s’appella al Tribunale
Una serie di imprenditori ha presentato opposizione al decreto di condanna conseguente alla “denuncia” dell’ente previdenziale per debiti pregressi: «Eppure li avevamo già rateizzati»

Confidavano - anzi, ne erano proprio persuasi - d’aver evitato il peggio, avendo programmato, “patteggiato” di fatto con lo Stato, rappresentato in questo caso da Equitalia, lo sconto delle proprie colpe a rate. E invece alcuni piccoli imprenditori triestini - morosi in materia di contributi previdenziali destinati ai propri dipendenti - si sono improvvisamente scoperti “condannati” lo stesso, dietro denuncia fatta sempre e comunque dallo Stato, incarnato in quest’altro caso dall’Inps. Il fatto è che, com’è noto, scontato, lo Stato - per parlare e, all’occorrenza, per “trattare” con i suoi cittadini - dispone di più interlocutori. Che evidentemente - per lo meno è ciò che vanno sostenendo adesso questi imprenditori, che hanno impugnato la loro stessa “condanna” in Tribunale - non interloquiscono a sufficienza tra di loro. Della serie, e dal punto di vista dei contribuenti “condannati”: Equitalia perdona, l’Inps no.
È dunque una storia dalla doppia trama - giuridica e pure sociale, giacché è indice della crisi che attraversa il Paese e che non risparmia le nostre terre - quella passata ieri in un’aula penale del Palazzo di giustizia di Foro Ulpiano. Una serie di udienze iscritte a ruolo tra le cause di giornata davanti al giudice Enzo Truncellito - una decina scarsa, distribuite tra più avvocati - aveva in effetti un filo conduttore: ognuna di queste traeva per l’appunto origine da un’opposizione - banalizzando, un reclamo - a un decreto penale di condanna per omesso versamento di ritenute previdenziali uscito dall’ufficio di un Gip in accoglimento della richiesta di un magistrato della Procura, attivata a sua volta da una “denuncia” dell’Inps.
“Denuncia” che, tuttavia, i ricorrenti sostengono sia proprio arrivata a rateizzazione già pattuita con Equitalia, o per lo meno a trattativa in corso, se non addirittura a debito saldato. Il decreto penale di condanna, per inciso, nasce per alleggerire la massa dei processi. Stavolta, però, la “missione” non è compiuta: l’opposizione, infatti, equivale - sempre per legge - alla nascita di un nuovo processo ordinario. Così sarà per le posizioni esaminate ieri mattina davanti al giudice Truncellito, che ha aggiornato le varie udienze di questi nuovi processi a inizio estate. Una di quelle che forniscono un “identikit” per così dire centrato è seguita dall’avvocato Paolo Codiglia. Riguarda un’impresa edile locale che, «causa crisi», non paga le ritenute previdenziali dei dipendenti relative all’anno 2010. A metà 2012, nel momento in cui le arrivano «altre cartelle Equitalia», opta per la rateizzazione dei suoi debiti con lo Stato, comprensiva «sia delle ritenute del 2010 che di altri importi». Problema superato? No. Nel 2013 arriva questa volta una lettera dell’Inps, che comunica all’impresa di aspettare ancora i contributi previdenziali del 2010, «non pagati». È il prologo del procedimento penale cui adesso tale impresa si oppone. In buona compagnia, a quanto pare. «Uno dei problemi legati alle rateizzazioni Equitalia - osserva l’avvocato Codiglia - è che sembra mancare una comunicazione tra Equitalia stessa e l’Inps nella sua qualità di ente impositore. Dal punto di vista del contribuente, inoltre, la problematica principale è che se un soggetto in situazione di debito paga a regime rateizzato dopo averlo peraltro accettato, di fatto, non riesce comunque a capire se a quel punto ha adempiuto o meno ai suoi obblighi nei termini dovuti».
@PierRaub
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