Museo istriano di Trieste, concluso l’inventario dei materiali
Prima riunione operativa della Commissione che curerà l’allestimento espositivo Vigini: «Aspettiamo i fondi ministeriali». Masau Dan: «Sarà una struttura speciale»

Non c’è una data per la sua apertura, ma finalmente c’è un inventario per progettare l’allestimento. Il Museo della civiltà istriana fiumana e dalmata, che ha sede in via Torino, sta prendendo forma. Una forma virtuale. Ma bisogna accontentarsi. «Sulla tempistica non voglio dire nulla» mette le mani avanti Chiara Vigini, presidente dell’Irci (Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata). Un mese fa, durante l’intitolazione di una sala al papà “Arturo Vigini”, si era sbilanciata di più: «Nelle nostre speranze tutto dovrebbe essere pronto entro la fine dell’anno, ma contiamo di inaugurare alcune sezioni già in estate». L’ingresso del museo nel circuito comunale, invece, è tutto da scrivere. «La convenzione dell’anno scorso vale anche per quest’anno - aggiunge Vigini -. È ancora troppo presto per parlare di circuito comunale. Non si parla neppure ancora di museo. Un passo alla volta. Poi si vedrà».
Intanto, e non è una cosa da poco, si è tenuta all’Irci la prima riunione operativa della Commissione che cura l’allestimento del Museo della civiltà istriana fiumana e dalmata. «Abbiamo stabilito a grandi linee che cosa mettere e dove» commenta la presidente dell’Irci. L’inventariazione di tutti i numerosi e svariati materiali (dagli aratri agli abiti e alle fotografie, dai bilancini da orefice ai dipinti artistici) contenuti nel palazzo di via Torino e parte di quelli conservati nel Magazzino 18, ha impegnato per due mesi tre giovani studiose, storiche dell’arte ed etnografe che l’Istituto ha ingaggiato su indicazione dei Civici musei di Trieste: «Un momento della progettazione, che ha visto seduti intorno al tavolo undici persone tra cariche istituzionali e allestitori e collaboratori, tutti altamente qualificati», spiega Vigini. Maria Masau Dan, nella doppia veste di direttore dei Civici musei e di vicepresidente dell’Irci, ha fatto notare che «questo sarà un museo del tutto speciale, a partire dalla locazione», perché «si trova in un punto cruciale per il sistema museale triestino e anche come tipologia non ha eguali in città. Inoltre non va sottovalutata l’apertura sull’esterno, data dalle grandi finestre, che permetteranno di vedere già dalla strada alcuni contenuti». La sede di via Torino, infatti, è a due passi dalla Biblioteca civica e dal museo Revoltella. «Si è discusso a lungo sulla scelta e sulla sistemazione degli oggetti, in un museo destinato a documentare una civiltà plurisecolare segnata dalla rottura del suo equilibrio a causa dell’esodo della gran parte della sua popolazione» spiega Vigini.
«Il punto forse più impegnativo sarà trovare il modo, particolarmente importante per questo museo, di coniugare l’esposizione con il racconto, all’interno di spazi ristretti, in modo da far percepire – sottolinea il segretario dell’Irci, Raoul Pupo – la lunga continuità culturale (latina, romanza, veneta e italiana) che ha contraddistinto fino alla metà del secolo scorso l’Adriatico orientale, facente parte di un unico mondo con l’altra sponda del mare, in dialogo con le culture provenienti dall’entroterra».
Ma il Museo della Civiltà istriana dovrà documentare tutto il territorio? «Certamente no, sarebbe impossibile, ma sarebbe anche un doppione di due altre grandi e valide istituzioni: l’Archivio-Museo storico di Fiume a Roma, che ha focalizzato le sue esposizioni sul particolare territorio della città di Fiume, e la Scuola dalmata di San Giorgio e Trifone a Venezia, dove invece al centro è la Dalmazia» spiega Vigini. «Questi luoghi - Fiume e Dalmazia - saranno comunque presenti nel museo seppure in forma simbolica e attingendo alle soluzioni che la moderna multimedialità ci offre - aggiunge Masau Dan - ma un’analoga istituzione per l’Istria non c’è. Ci sarà a breve, e sarà un vanto per Trieste».
Resta il nodo dei soldi. «Dobbiamo incrociare le dita per i ritardi dei contributi ministeriali, già approvati e stanziati, ma non ancora monetizzati e quindi non fruibili dall’Istituto» spiega la presidente dell’Irci. Un po’ di scaramanzia non guasta anche per gli istriani. La proverbiale parsimonia non serve se i soldi sono degli altri.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
I commenti dei lettori