Corsa croata all’oro nero, Lubiana protesta
L’ambasciata slovena a Zagabria denuncia ufficialmente la violazione dell’intesa sul golfo di Pirano

BELGRADO. No, non bastava la guerra in corso tra Zagabria e Budapest sul caso Ina-Mol. A infiammare la già calda primavera oltreconfine è arrivata anche l’apertura di un nuovo fronte che oppone la Croazia alla Slovenia. Contrasto, accompagnato da altissima tensione, a causa delle mosse di Zagabria in vista dello sfruttamento dei potenziali giacimenti di petrolio e gas che si nasconderebbero nell’Adriatico orientale. Mosse – l’ultima è stato il lancio delle gare pubbliche per il rilascio delle concessioni per le 29 zone in cui è stata suddivisa l’area strategica – che non sono piaciute a Lubiana. L’ambasciata slovena a Zagabria ha annunciato infatti di aver presentato obiezioni formali verso l’uso delle mappe del fondale del mar Adriatico create attraverso i rilevamenti della società norvegese Spectrum.
Mappe che hanno portato alla ripartizione del mare nei 29 blocchi. E che, almeno secondo la Slovenia, «pregiudicano» in «maniera unilaterale» la soluzione della disputa territoriale ancora in corso tra i due Paesi Ue, ossia quella sulla demarcazione del confine sloveno-croato che passa nella baia di Pirano, soggetta ora ad arbitrato internazionale.
Le carte croate toccano infatti anche l’area del golfo di Pirano e Lubiana «esaminerà con attenzione le aree nell’Adriatico settentrionale che il governo croato ha concesso per l’esplorazione» e per l’eventuale estrazione «di petrolio e gas», continua la dura nota dell’ambasciata slovena in Croazia. E poi la promessa-minaccia. «Se necessario» saranno prese le «misure appropriate per proteggere gli interessi sloveni», ha fatto sapere Lubiana a Zagabria. Lubiana che, in pratica, ha letto nell’apertura del procedimento per le concessioni di esplorazione, che saranno attribuite entro il 2015, una chiara violazione dell’articolo 10 dell’intesa sull’arbitrato sulla baia di Pirano, firmata nel 2009, che appunto specifica che entrambe le parti debbono astenersi dal compiere azioni che possano «intensificare la disputa» o metterne a rischio la soluzione. Secondo quanto annunciato dalle autorità croate, oltre quaranta colossi petroliferi, tra cui ExxonMobil e Gazprom, hanno manifestato interesse per l’oro nero e il gas che si troverebbero nei fondali adriatici.
Oro nero che, queste le ottimistiche aspettative del ministro dell’Economia croato Vrdoljak, potrebbero trasformare la Croazia in un produttore di combustibili fossili «fra i più economici nella regione», facendo affluire verso Zagabria 2-3 miliardi in investimenti nei prossimi cinque anni. Le gare per aggiudicarsi i 29 blocchi, estesi tra i mille e 1.600 chilometri quadrati, si chiuderanno il prossimo tre novembre. Obiettivo della Croazia, vedere i primi giacimenti in funzione tra cinque anni. Slovenia permettendo, almeno per quel che riguarda l’Adriatico settentrionale e il blocco denominato “SJ-01”, quello più a ridosso di Pirano. (s.g.)
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