I grillini oltre Grillo: la carica triestina dei voti senza volto
Un migliaio di iscritti al meetup, 39mila preferenze nel 2013 ma solo quattro delegati istituzionali dopo l’addio di Battista

Eravamo quattro amici al bar. Anzi, a dirla tutta erano in cinque. In quattro sono rimasti adesso. Non cambia, invece, la coda della cantica di Gino Paoli: che volevano cambiare il mondo. A sentirli e a leggerli via web, e soprattutto a dar credito al loro precettore, Beppe Grillo, pare in effetti abbiano il chiodo fisso di provare a cambiarlo. Dalla scuola genovese alla realtà triestina: sono quattro appunto i rappresentanti di casa nostra del Movimento 5 Stelle nelle istituzioni: Paolo Menis e Stefano Patuanelli in Consiglio comunale, Andrea Ussai in Consiglio regionale e Aris Prodani alla Camera.
Consenso e rappresentanza
Pochini? E certo che sì. È la scoperta dell’acqua calda, si potrebbe obiettare. Il fatto è che è stata proprio la recentissima uscita di scena (dal movimento s’intende, non dalla politica) di Lorenzo Battista, il senatore, ad averne aperto il rubinetto. Già cinque era poco. Ora quattro fa impressione. I quattro amici, insomma, in questo caso sono pure i proverbiali quattro gatti, e per un semplice motivo: l’anno scorso, di questi tempi, prima di ridiscendere alle regionali di fine aprile al 18%, quella grillina si era imposta come la prima forza politica di Trieste con il 29%, frutto di 39mila preferenze racimolate su scala provinciale, alla Camera, in occasione delle politiche di fine febbraio. Trentanovemila voti per cinque (ora quattro) volti appena nei palazzi della politica. Consenso vasto, rappresentanza ristretta. È il paradosso al rovescio dei più paradossali andazzi alla triestina, e più in generale all’italiana, là dove a volte riescono a esserci, estremizzando, più volti che voti.
I perché dei quattro gatti
Senza entrare nell’inflazionatissima polemica tra Battista e i quattro rimasti fedeli al ticket Grillo-Casaleggio, il dato di fatto della scarsa rappresentanza istituzionale dell’M5S, qui a Trieste, va oltre il magnetismo anti-sistema di Grillo, che a livello nazionale fa del movimento un partito per forza leggero, anzi leggerissimo. Una serie di concause storiche ha contribuito a tenerlo, da queste parti, ancora più leggero. Cause volute, come quelle di non partecipare nel 2011 alle elezioni provinciali e a quelle circoscrizionali, per battersi contro l’asserita ipertrofia delle stanze dei bottoni e per concentrarsi sulle comunali nel capoluogo. E cause non volute: si fosse votato per le comunali nel 2013, anziché nel 2011, quando i grillini fecero il 6%, chissà quanti rappresentanti istituzionali in più sarebbero spuntati per l’M5S sono per quello. Alle regionali dell’anno scorso, inoltre, mancò un nonnulla - il peso friulano derivante dall’estensione territoriale fa spesso la differenza - che di grillini triestini, in piazza Oberdan, ne entrassero due anziché uno, con Paola Sabrina Sabia al fianco di Ussai.
La partecipazione via web
Al di là dei quattro amici al bar, però, c’è vita - e soprattutto se c’è quale vita è - in questa atipica realtà politica? Eppoi qual è l’identikit del grillino triestino militante, quello che ci crede e si spende e non si limita a fare una croce sul simbolo pentastellato in cabina elettorale, magari per mera protesta? Una cosa alla volta. La vita c’è, se hanno un senso i numeri del meetup di Trieste, lo stesso meetup che ha appena cacciato Battista e che annovera un migliaio di iscritti e, di conseguenza, di partecipanti più o meno attivi alle discussioni via web. Fosse questo un partito tradizionale, si potrebbe dire, in scia a un parallelismo raffazzonato, che il movimento conta qui più o meno un migliaio di tesserati. Il meetup, d’altronde, elimina in automatico chi, per un po’ di tempo, non ci naviga.
Le riunioni di Giarizzole
Non di solo web, però, si nutre la macchina grillina locale: l’M5S si ritrova facce a facce e non solo dietro un computer due sere a settimana, il mercoledì per discutere di cose regionali e il giovedì per parlare di quelle cittadine. Lo fa a Giarizzole, in una sala riunioni di proprietà di una falegnameria, che l’affitta alla Lista civica Trieste 5 Stelle. È l’associazione costituita prima delle amministrative 2011 proprio per dare al grillismo giuliano un certificato d’esistenza dal punto di vista giuridico. La presiede, oggi, Claudio Bozzato, organiser del meetup insieme a Menis, il candidato sindaco del 2011. Bozzzato è un volto ai più sconosciuto, uno che in un partito tradizionale sarebbe probabilmente il segretario organizzativo.
L’identikit del simpatizzante
A queste riunioni partecipano, a seconda dei casi, e dei temi, alcune decine di persone, non per forza iscritte al meetup. Altre non si muovono di casa e le seguono in streaming, e quelle sì che son tutte iscritte. Si arriva così all’identikit dei simpatizzanti, o meglio agli identikit, ché ce ne sono più d’uno. Una galassia, nel senso che i contorni della categoria grillin-triestina sono sfumatissimi. Sul web l’età media è tra i 30 e i 40 anni. Chi invece si presenta a Giarizzole spesse volte ne ha 50 o più. Gli uomini, poi, sono in prevalenza sulle donne. Sono anzitutto piccoli imprenditori, commercianti e professionisti che si sentono assediati dalle tasse e se la prendono con quello che considerano un pachidermico sistema politico che drena risorse collettive, alimentando proprio la pressione fiscale. Sono dipendenti, più privati che pubblici, in particolare precari e disoccupati invischiati nella crisi, ma anche pensionati disillusi. Eppoi ambientalisti senza più patria a sinistra, ex moderati di destra stanchi dal non sentire dalla politica le risposte pretese e qualche uomo di spettacolo e comunicazione. La matrice culturale spazia dal laureato a quello che ha mollato presto la scuola. Un minimo comune denominatore ci sarà pure? «Il profilo di chi ci è vicino è un profilo incazzato con la politica, con l’andazzo che Grillo dice di voler superare», sintetizza Patuanelli, nipote di Gianfranco, dirigente del Pd locale, e soprattutto primo grillino della storia triestina.
L’incrocio con Trieste Libera
Il meetup, spulciandone un po’ d’iscritti, è il trionfo del classico vicino di casa che famoso non è, di gente insomma che se mai ha fatto attività pubblica, se non proprio di partito, non l’ha fatta in prima linea. Gli occhi però non possono non cadere su un paio di nomi, in particolare. Quelli di Paolo G. Parovel e Alessandro Gombac Giombi, ideologo e fondatore di quel Movimento Trieste Libera che predica il Tlt senza Italia. Parovel s’è visto a Giarizzole le volte in cui s’è parlato di portualità e di punti franchi, Giombi era un fervente partecipante al progetto grillino delle origini, prima che nel 2011 nascesse proprio Trieste Libera, «ma ogni tanto continuiamo a sentirci», chiarisce Menis. C’è allora sovrapposizione di pensiero tra M5S e Mtl? «Sui temi della difesa della legalità certamente sì - osserva Patuanelli - poi non ci ritroviamo in certe distorsioni riguardanti il Trattato di pace, tranne che nella parte in cui si sancisce lo status di franchigia del Porto». «Su determinate cose - fa eco Menis - una sovrapposizione c’è. Una certa idea d’indipendentismo calata pure su queste terre l’ha messa su un recente post pure lo stesso Grillo. Dopodiché loro (Trieste Libera, ndr) non riconoscono l’autorità italiana che noi invece, partecipando alle elezioni, di fatto riconosciamo».
@PierRaub
©RIPRODUZIONE RISERVATA
I commenti dei lettori