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Razeto: economia triestina bloccata Porto e scienza tra le criticità

Severa analisi del presidente di Confindustria durante un’audizione in Comune: «Pochissima industria, troppi gravami, enti scientifici scollegati nella ricerca»

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La ricchezza di Trieste solo per il 10% deriva dall’industria, la maggior parte delle industrie ha meno di 9 addetti, non esporta ed è un comparto fragilissimo che si confronta da un lato con un sistema locale del credito burocratico, lento e senza banche-dati comuni (Mediocredito, Frie, Confidi) e dall’altro con la tassazione italiana del 66% che in Slovenia e in Austria è del 32,5%, e un costo dell’energia di 150 euro a megawatt mentre in Austria è di 90 e in Slovenia di 78, nello stesso tempo il tessuto triestino e quello regionale «che tutto intero fa gli abitanti di Milano hanno cumulato due o tre parchi scientifici, tre università e ben 40 enti pubblici di ricerca che cercano (novità e soldi) ciascuno per sè creando una distorsione di risorse, mentre nessuno cerca l’industria e produce novità tecnologiche per questa, e ci sono “start up” che si anchilosano in stadio iniziale anche per 10 anni». Un quadro severissimo, ma fatto anche di proposte, «in genere fin qui inascoltate», ha fatto ieri nell’aula del Consiglio comunale il presidente di Confindustria Sergio Razeto, invitato in audizione dalla terza commissione guidata da Marco Toncelli (Pd).

Dunque crisi sì, ma Trieste sconta “gap” strutturali che Razeto definisce «inaccettabili», cui si aggiunge un decennio di territorio bloccato dal Sito inquinato nazionale solo adesso in via di risoluzione, mentre «basterebbe poco per migliorare le infrastrutture che penalizzano il territorio». Ritiene che il porto sia la vera e principale anima produttiva della città, «potrebbe far nascere anche industrie di trasformazione delle merci ma non lo fa, fin qui del resto ha avuto dei record solo per il transito del petrolio, per le merci non è un gran ché».

Molti consiglieri hanno sollecitato il presidente per capire quale ruolo attivo Confindustria si assume. Tra le proposte, ampliare i distretti produttivi, anche all’off-shore e alle tecnologie biomedicali, il suggerimento di azionare in senso produttivo la grande presenza di popolazione anziana «che costituisce essa pure un mercato», di riattivare il grande business dei congressi «mentre il Parco del mare - ha affermato Razeto - non lo vedo come una priorità, se poi qualcuno venisse qui a realizzarlo, benvenuto». Insomma il motore è fermo da tempo, ha rimarcato Confindustria, «ma sia chiaro che noi possiamo suggerire le migliori condizioni per rendere attrattivo il territorio, ma non aprire un’impresa né interferire sulle attività del porto, stiamo facendo pressioni per la piattaforma logistica, ma non la costruiamo noi». E da qui una constatazione ancora più nera: «Nessuna azienda da anni si è affacciata al nostro territorio, a Monfalcone invece sì».

Alla domanda se Confindustria stia facendo “marketing” per Trieste, ad esempio per attirare investitori in Porto vecchio ora che il bando per le concessioni è stato riaperto, Razeto ha risposto con molta nettezza: «Preferisco che siano aziende locali a rispondere, che portano lavoro sul territorio, non vado a Napoli a dire a nessuno “vieni qui”. Comunque le scelte sono regolate da una gara».

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