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Vigili urbani, a Trieste addio alle armi Soldi restituiti alla Regione

Delibera congelata da Dipiazza, il Comune rinuncia a parte dei fondi per la sicurezza Martini: le pistole non sono una nostra priorità, in dotazione i tonfa e gli spray

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Capitolo chiuso. E che l’amministrazione Cosolini non ha alcuna intenzione, in futuro, di riaprire. Perché «non è una nostra priorità», sentenzia con fermezza il vicesindaco e assessore a Sicurezza e Polizia locale, Fabiana Martini. Valutazione che, sommata all’ultimo atto formale - dovuto peraltro - degli uffici municipali sul tema, sancisce la chiusura, quantomeno sino a scadenza del mandato dell’esecutivo Cosolini, di una questione su cui dal 2011 era calato il silenzio a Trieste. La sintesi: archiviata l’ipotesi di dotare delle pistole i vigili urbani.

L’ultimo atto è quello con cui viene data esecuzione alla restituzione alla Regione della somma di 80mila euro che era stata assegnata al Comune con un preciso vincolo di utilizzo. Cioè per le spese utili alla dotazione delle armi e al relativo corso di addestramento della Polizia locale. Soldi destinati esclusivamente a queste finalità, e non dirottabili su altre poste. Delle pistole ai vigili urbani avevano molto dibattuto, nella scorsa consiliatura, i consiglieri comunali all’epoca in carica e anche la giunta stessa, con l’allora sindaco Roberto Dipiazza dichiaratamente contrario all’armamento del Corpo municipale. Le schermaglie in aula avevano anche portato il 20 aprile 2010 (nella notte era giunto il “sì” alla delibera di indirizzo) l’attuale presidente del Consiglio comunale Iztok Furlani› (Fds), in quel quinquennio all’opposizione, a presentarsi alla seduta con cappello da cow-boy, cinturone in bella mostra e pistola giocattolo al seguito. Il “dibattito” sulle armi ai vigili urbani si era successivamente chiuso con un pilatesco “se ne occuperà la prossima amministrazione”, con il congelamento del regolamento che sarebbe dovuto passare per il voto del Consiglio comunale. Soluzione, questa, proposta proprio da Dipiazza e salutata da un largo favore trasversale fra maggioranza e opposizione.

Ora dunque, scaduti i termini per l’impiego del contributo regionale, il Comune ha dato corso alla determina dirigenziale con cui si dà il via libera alla restituzione della cifra. «Si trattava - fa il punto il vicesindaco Martini - di un finanziamento ricevuto in base alla legge regionale 9 del 2008, volta a garantire la sicurezza sul territorio. Non si poteva usarlo per altro, era vincolato. Tutto si era bloccato nella precedente consiliatura: dopo la delibera di indirizzo, in cui si stabiliva di dotare delle armi la Polizia locale fino a un massimo di 75 unità, si era deciso di tornare in Consiglio con un regolamento sull’utilizzo. Che, alla fine, non è mai arrivato in aula per le note vicende». Pietra sopra all’ipotesi armamento, dunque. Alla luce di una serie di valutazioni, spiega Martini: «Premesso che, nonostante le mie convinzioni, è necessario non avere un approccio ideologico al tema, considerando che sul territorio operano assieme alla Polizia locale altre forze dell’ordine armate, ritengo che in questo momento di ristrettezze economiche sia più opportuna una distribuzione delle competenze». Riservando alla Polizia locale quelle relative a controlli nei settori «commerciale, dell’edilizia, e di prossimità sul territorio», posto che «al momento in quest’area - aggiunge il vicesindaco - non vi sono allarmi tali da farci ritenere che i vigili urbani, i quali hanno in dotazione i tonfa e gli spray, operino non in sicurezza. Un tema su cui c’è in ogni caso molta attenzione». Inoltre, agli 80mila euro, di cui 50mila per le armi e 30mila per il corso di addestramento, si sarebbero aggiunte altre spese per il Comune: «Avremmo dovuto cambiare completamente organizzazione e - conclude Martini - pensare al mantenimento della dotazione e all’aggiornamento del personale».

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