«In piazza ascoltai Mussolini poi mi cacciarono da scuola»
I ricordi di Maurizio Nacmias: «I miei compagni non mi rivolsero più la parola Devo la vita al questore Oliva che dopo l’8 settembre mi esortò a lasciare Trieste»

Il 18 settembre del 1938 aveva 15 anni. Oggi Maurizio Nacmias ne ha 90. Ma di quel giorno di fine estate non dimentica niente. In particolare il volto e le parole di Benito Mussolini che in piazza Unità d’Italia annunciò la promulgazione delle leggi razziali. «Era una giornata di sole - ricorda Nacmias - in piazza della Borsa ho visto passare Mussolini in auto con il seguito. Poi sono andato in piazza Unità, gremitissima di gente, di camicie nere, di ragazzi della mia età. Sentivo il duce, le urla, gli applausi della gente. Ho capito solo in parte quello che stava per capitare a noi ebrei. Mai avrei poi immaginato che la persecuzione antisemita toccasse livelli così alti di odio e brutalità anche a Trieste, con i campi di concentramento».
I ricordi di Maurizio Nacmias ci sono tutti, soprattutto per quello che è successo subito dopo: «Frequentavo la quarta all’istituto Leonardo da Vinci, il presidente della scuola era un certo Neri. Due giorni dopo la calata di Mussolini, mentre mi trovano in classe, durante la lezione di storia è entrato il bidello e mi ha detto: prendi la cartella e vai a casa, qui non ci devi più tornare. Nessuno dei miei compagni disse nulla, lo stesso professore non pronunciò parola. Presi le mie cose e fui accompagnato in strada. I miei compagni, non solo quelli della scuola, non mi rivolsero più la parola». A guerra finita Nacmias di ritorno a Trieste incontrò un suo compagno, che faceva atletica leggera. Gli chiese: «Perché non avete detto una parola in mia difesa?». La risposta: «E come si poteva fare, era la propaganda fascista che ci imponeva di non parlare con gli ebrei». Ne trovò anche un altro che era diventato direttore di banca, proprio dove aveva il conto. «La prima casa che feci - racconta - è stata quella di estinguere il conto».
Nei giorni scorsi di Maurizio Nacmias si sono occupati “Pagine Ebraiche” e la Gazzetta dello Sport. L’interessamento del giornale sportivo per l’anziano triestino è dovuto al fatto che Nacmias è stato un atleta di valore nella lotta. In questo sport ha vinto un titolo italiano a squadre e il trofeo “Raicevic” tra il 1940 e il ’43. Altri tre titoli li ha conquistati dopo la guerra. L’avviamento nella squadra dei vigili del fuoco, avvenne nonostante i dirigenti sapessero che era ebreo e con l’approvazione del questore Oliva, un appassionato di lotta. Il poliziotto, all’arrivo dei nazisti dopo l’8 settembre del 1943, gli consigliò di andare via lui e la sua famiglia. «Gli devo la vita», dice oggi. «Sono stato l’unico ebreo, sebbene in incognito, che ha partecipato a gare ufficiali dopo le leggi razziali», sottolinea.
«Dopo l’8 settembre - racconta Nacmias - sono andato a Firenze con la mia famiglia dove abbiamo trovato una famiglia che ci ha ospitato. Il primo maggio del ’44 ho assistito al bombardamento di Firenze e nella mia casa di via Solferino ho salvato molte cose che stavano bruciando. In Toscana sono rimasto anche dopo la guerra, mentre i miei genitori sono tornati a Trieste. Lavoravo in un laboratorio di odontotecnica. Nel 1949 sono ritornato per sempre a Trieste, continuando a fare l’odontotecnico».
Oggi Maurizio Nacmias ha 90 anni, vive con l’adorata moglie Annamaria Beluschi, ex campionessa italiana di nuoto, specialità dorso. Ha due figlie, una lavora in un ufficio pubblico, l’altra in un’azienda di trasporti in porto. Un vita serena, ogni tanto un giro in barca: la sua barca a vela, ormeggiata proprio nelle vicinanze di quella piazza che 75 anni fa fu teatro di tanta ignominia.
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