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“Casa del parto”, ora si punta ai fondi europei

È il progetto dell’Azienda sanitaria di Gorizia visto il percorso tortuoso del Punto nascita transfrontaliero. C’è il modello Rovigo che potrebbe essere importato nel capoluogo isontino

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Per ora è un’idea. Ma che potrebbe trasformarsi in un progetto concreto da presentare all’Unione europea. «Perché - spiega l’Ass isontina - l’Ue finanzia proposte innovative e non una semplice “trasmigrazione” di partorienti che vanno e vengono da una parte all’altra dell’ex confine».

A fare il punto della situazione è Marco Bertoli, direttore generale dell’Azienda sanitaria isontina. L’idea è quella di realizzare una “casa del parto”: una struttura da realizzare ex novo al fianco di uno dei due ospedali, o a Gorizia o a San Pietro Vertojba. «In pratica - spiega Bertoli - si andrebbe a riproporre un’esperienza che già funziona da tempo in Toscana e a Rovigo, tanto per citare un paio di esempi. Sarebbe una struttura nuova, da realizzare al fianco di uno dei due nosocomi». C’è anche un’altra ipotesi: ovvero costruire un reparto nuovo all’interno dell’ospedale anche se, in questo caso, Gorizia sconterebbe gli spazi angusti che caratterizzano sin dalla sua nascita il “nuovo” San Giovanni di Dio. «Ma questo è un progetto più complicato, per la cui realizzazione passerebbero quindici anni almeno», annota il dg.

Difficoltà

e intoppi

Perché questa svolta? È necessario fare un passo indietro. Un mese fa scrivemmo che la tempistica per realizzare il Punto nascita transfrontaliero era destinata ad allungarsi. Concetti che oggi Bertoli riprende in toto. «Come spiegai a suo tempo, speravo che il progetto si potesse concretizzare entro l’anno ma i tempi, in realtà, saranno medio-lunghi». I motivi? «Il percorso si è rivelato più difficile di quanto ci eravamo prefigurati - spiega ancora il dg -. La causa è da ricercarsi nelle diversità fra i due sistemi: quello goriziano e quello dell’ospedale di Sempeter Vrtojba. Non entro nel merito specifico della questione che sarebbe difficilmente comprensibile ai più ma ci sono differenze innegabili in tema di tecnica di nascita, riguardo all’albergaggio e all’utilizzo dei medicinali». Insomma, allestire un Punto nascita transfrontaliero non è cosa che si possa fare dall’oggi al domani: occorrono approfondimenti, tempo, analisi sul campo.

Problematiche

strutturali

E arriviamo al punto focale. Ovvero al problema che renderebbe necessaria la costruzione ex novo di una “casa del parto”. Il reparto dell’ospedale goriziano - l’ha spiegato chiaramente l’Azienda sanitaria - è stato pensato per un massimo di 500 parti l’anno che è, peraltro, la soglia-limite di sicurezza. Non sarebbe, pertanto, tecnicamente possibile pensare di ospitare a Gorizia anche le partorienti slovene. Problematico anche stravolgere il nosocomio sloveno: il reparto materno-infantile del nosocomio di San Pietro è organizzato in cameroni con parecchi posti-letto all’interno e in Italia abbiamo standard logistici diversi.

Da qui, la nuova idea che potrebbe incontrare i favori (e i finanziamenti) europei. «Ecco perché ci stiamo lavorando», conclude Bertoli.

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