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Il “cuore matto” della Hack «Ho deciso, non mi opero»

UN ARTICOLO SUL PICCOLO DEL 14 DICEMBRE 2012 Dopo un riacutizzarsi dei problemi cardiaci l’astrofisica triestina d'adozione rifiuta l’intervento: «Rischi e lunga convalescenza. Meglio stare a casa, campare poco ma bene...»

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Questo articolo, a firma Paola Bolis, risale al 14 dicembre 2012: l’astrofisica annuncia attraverso le pagine del Piccolo il ritiro dalla scena pubblica e l’intenzione di non operarsi al cuore. È una sorta di testamento spirituale.

TRIESTE. Franca, netta, ironica e autoironica. Come sempre. «Il 21 dicembre dovevamo andare a Padova, quel Comune mi dà la cittadinanza onoraria. La veniamo noi a prendere, professoressa, mi hanno detto. Ma devono avere a che fare con un sacco di patate?» Margherita Hack parla dal telefono della sua casa di Roiano, in cui è tornata da poco dopo la degenza nella Cardiologia di Cattinara resa indispensabile dal riacutizzarsi di problemi cardiaci da tempo esistenti. La signora delle stelle in ospedale è rimasta alcuni giorni. Il tempo per riprendersi («ora sto abbastanza bene») grazie alle cure dell’équipe guidata da Gianfranco Sinagra. Il tempo, anche, per prendere una decisione. «Mi è stata prospettata un’operazione, ho detto no». L’intervento «sarebbe potuto essere risolutivo in un certo senso, ma presentava anche dei rischi». E allora, «l’idea mi è venuta di notte, semplicemente. Mi sono resa conto che in ospedale mi mancavano la mia attività, mio marito, i miei animali... E tutte quelle comodità, privacy compresa, che in ospedale non ci sono. Una vita a metà. Qui a casa vivo. Magari al rallentatore, ma faccio le cose normali. E allora, ho pensato: un’operazione a rischio, un’altra degenza e poi una lunga convalescenza? No: come va va...»

A casa, dunque. Con il marito Aldo, con il cane e gli otto gatti - quelli che «non riesco a leggere i giornali perché ci zompettano sopra» – e con «la Tatiana che a me e a Aldo ci aiuta proprio in tutto». E poi, con il computer che la tiene in contatto con l’esterno. Magari via skype, lo strumento attraverso il quale parteciperà domani, alle 17.30 al museo Revoltella, alla presentazione del libro “Io credo - Dialogo tra un’atea e un prete” nel quale, a cura di Marinella Chirico, sono condensati anni di incontri tra l’astrofisica e don Pierluigi Di Piazza, il sacerdote di frontiera. Ci sarà via computer Margherita Hack, «perché questo è un libro cui tengo molto». Una partecipazione - «non voglio mancare nella mia città» - decisa comunque a fronte della sospensione a tempo indeterminato, e su consiglio dell’équipe di Sinagra - di tutti gli impegni pubblici sin qui programmati.

Impegni che nelle ultime settimane hanno portato Hack a una girandola di spostamenti. «Un tour de force: Parma, Modena, Firenze, il Trentino, Pisa. Tutto di fila, tutto in macchina. Quando sono tornata ero davvero tanto stanca. E sono stata male... Rallentare il ritmo? Sì che ci avevo pensato. Ma da quando sono andata in pensione, negli anni Novanta, la mia attività è diventata frenetica. Non per colpa mia. Mi hanno cercato in tanti». Convegni, conferenze, premi... «Dormivo perfino male, pensando a tutto quanto dovevo fare».

E allora, per Margherita Hack è arrivato il momento di quella che lei definisce «la seconda pensione». Niente vita pubblica, ma ancora attività. «Con più calma e senza agitazioni». A scrivere, a ricevere colleghi e amici («mi vengono a trovare in tanti»), a rispondere alle mail («ma a tutte non ci riesco»). Insomma, «avanti per quanto possibile con le mie battaglie e con il mio impegno, come astrofisica e come cittadina». Ma a casa, appunto. Con i suoi affetti, con la tranquillità. Con la consapevolezza. «Mi è sembrato giusto spendere il tempo necessario per informare Margherita Hack sulla necessità e al contempo sulla delicatezza, sui rischi e sui benefici attesi dalla procedura prevista», dice Sinagra, direttore della Cardiologia di Cattinara: «Mi sembra altrettanto giusto rispettare la volontà di una paziente in età avanzata che in modo molto lucido e sereno esprime delle valutazioni inerenti anche il senso clinico ed etico di interventi invasivi in età avanzata, quando ritiene che la vita che fin qui le è stata offerta sia stata qualitativamente e quantitativamente soddisfacente».

Margherita Hack, si sa, non attende un aldilà. «Non c’è paura, certo, né gioia». Lo ha ribadito nel dialogo con don Di Piazza: «La morte non mi fa paura, la perdita dell’autosufficienza» sì. E «qui a casa sono molto più autonoma. Meglio campare poco ma bene che male per anni. Come si dice, sa?» - sorride - «Meglio un giorno da leoni... Il 12 giugno ho compiuto novant’anni. Se ne avessi avuti ottanta, beh, forse di quell’operazione sarebbe valsa la pena. Ma alla mia età...» Alla sua età meglio la «seconda pensione». Da vivere tutta «con positività».

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