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La Slovenia in crisi taglia anche i Comuni

Minimo richiesto 5mila abitanti. Il Paese non ce la fa più. Buco da 1,5 miliardi. Ancora sforbiciate al pubblico impiego

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TRIESTE. Non tornano, i conti non tornano. Dopo lo scampato pericolo di una procedura di infrazione per lo sforamento dei parametri di Maastricht da parte della Commissione Ue il governo sloveno è tornato a riunirsi scontrandosi con la cruda realtà. Quell’ammanco di bilancio di 1,5 miliardi di euro c’era e c’è ancora. Servono tagli, serve un’idea, forse serve solo un miracolo. E così l’esecutivo ha dato mandato ai suoi ministri di attuare una «disciplina di ferro» circa lo sfruttamento delle risorse umane. Ergo: arrivano nuovi tagli di personale pari all’1% per risparmiare 50 milioni in un anno. E l’altro miliardo e 450 milioni? Il ministro della Pubblica amministrazione e degli Interni Gregor Virant ha un’idea. In Slovenia ci sono troppi Comuni, è ora di riscrivere la carta amministrativa. Secondo la ricetta Virant che sarà concretizzata e portata al consiglio dei ministri a settembre sopravviveranno solo le amministrazioni municipali con almeno 5mila abitanti. «In Slovenia - afferma Virant - c’è spazio per 80-100 Comuni al massimo».

Una cosa è certa, altri tagli agli stipendi degli statali non possono essere attuati visto che ciò è espressamente “vietato” dall’accordo sottoscritto con le parti sociali. Secondo uno studio di settore i dipendenti del settore pubblico sloveno dal giugno del 2012 a marzo del 2013 sono diminuiti di 4mila unità. Secondo il ministero della funzione pubblica la diminuzione sarebbe stata invece di 1400 unità (inclusa la polizia e l’esercito). Nell’amministrazione statale i pensionati sono stati 964 pari al 70% di coloro i quali non lavorano più nel settore pubblico. E il restante 30%? Se ne sono perse le tracce. Anche lo strumento del pre-pensionamento però è un’arma a doppio taglio. L’allarme giunge dall’Inps slovena (Zpiz). Dal giugno 2012 all’aprile 2013 il numero delle pensioni di vecchiaia è aumentato di 17mila unità. A marzo 2013 gli occupati nel Paese erano 788.863 (695.834 dipendenti e 93.029 autonomi) il che è corrisponde a circa 28mila unità in meno rispetto allo scorso anno. E le prospettive? Nerissime. Nei primi 4 mesi di quest’anno il Pil del Paese è diminuito del 4,8% mentre i consumi sono diminuiti del 7,7%. La Slovenia è in piena recessione e «visti i sacrifici e il rigore chiesto da Bruxelles - spiega ‹rt Kostevc docente alla facoltà di economia e commercio dell’ateneo di Lubiana - quasi sicuramente ancora non abbiamo toccato il fondo». «La politica restrittiva del governo - sostiene l’ex ministro ed ex governatore della Banca di Slovenia Mitja Gaspari - è evidentemente efficace ma va nella direzione sbagliata». Unica nota positiva è il buon andamento dell’export che può vantare nel primo quadrimestre del 2013 un aumento dell’1,8%. Ma la disoccupazione cresce tocca oramai quota 11,1%. Ad oggi sono senza lavoro 111mila persone pari a un desolante +14mila rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

E la politica di rigore imposta dall’Unione europea relativa ai conti pubblici influisce negativamente sui potenzialidi crescita economica, fatto questo che, per la Slovenia, è stato confermato anche da il capo missione del Fondo monetario internazionale in Slovenia, Antonio Spilimbergo. E, ciliegina sull’amarissima torta slovena, arriva il ministro delle Finanze Uroš ‹ufer che spiega come una delle palle al piede del Paese siano gli interessi sul debito pubblico maturato soprattutto tra il 2009 e 2011. Nel 2014 la Slovenia dovrà pagare interessi per il suo debito pubblico pari a un miliardo di euro pari a un decimo del bilancio dello Stato. La crisi, dunque, sta risucchiando la Slovenia in un vortice praticamente irreversibile visto poi il catastrofico orizzonte del suo sistema creditizio in pratica “commissariato” dalla Commissione europea. Il prossimo passo? Virant parla di tagli alle pensioni. E la “pentola a pressione” sociale rischia di esplodere.

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