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Slovenia: l’era Pahor si apre con nuove proteste

Manifestazioni a Lubiana, duri scontri a Maribor. Il presidente della Slovenia, eletto con i voti della destra, chiede unità

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INVIATO A LUBIANA. La Slovenia “digerisce” in fretta l’elezione di Borut Pahor a nuovo presidente della Repubblica e scende ancora una volta in piazza. Decine di migliaia di “arrabbiati” hanno invaso strade e piazze di Maribor, Lubiana, Ptuj, Celje, Ravne na Koroškem e Trbovlje. Nella capitale addirittura due le manifestazioni, una davanti il municipio, l’altra davanti al palazzo del governo. “Gotof je” è il motto che si sente gridare, mentre a Maribor addirittura un piccolo Piper ha sorvolato il municipio trainando un’enorme striscione con su scritto, ovviamente, “Gotof je” (è finito) all’indirizzo del sindaco Krangler che, nonostante sia indagato per corruzione, non vuole dimettersi. E sassi hanno infranto le finestre dell’edificio comunale mentre bottiglie sono volate contro gli agenti che hanno usato i lacrimogeni. Un’altra serata di guerriglia urbana, con venti arresti.

Qui, in una Lubiana da cartolina imbiancata dalla prima neve della stagione, invece ancora una volta famiglie, pensionati e studenti chiedono la caduta del governo e le dimissioni del sindaco Zoran Jankovi„ anche lui inquisito per malversazione nell’affare Štozice. Su uno striscione, a caratteri verdi, spicca uno dei motti della protesta: «Giù la destra, giù la sinistra, vogliamo verità». Sulle facce dei manifestanti c’è rabbia, nessuno crede più a quanto vanno affermando i politici, i magistrati, i sindacati. La verità è una e inequivocabile: qui in Slovenia chi guadagna al mese meno di 650 euro (e sono molti) può considerarsi povero. Gli “arrabbiati” incitano i poliziotti a marciare assieme a loro e regalano agli agenti garofani e fiori di campo come venerdì scorso. È la “Rivoluzione di novembre” che non si ferma che vuole la resa dei conti, quei conti che oramai non tornano più alle famiglie, ai pensionati e con gli studenti che si sentono traditi. Peter, 22 anni, studente in giurisprudenza all’Università di Lubiana urla la sua rabbia da un megafono. «Questo Paese da anni ormai non si cura più di chi ha meno di 30 anni», spiega, il viso rosso per il freddo e l’agitazione.

E il palazzo? Guarda, un po’ inebetito, ma anche impaurito. Pahor appena eletto presidente ha fatto un appello all’unità del Paese. Ma, in effetti, il Paese è unito contro l’establishment politico del Paese. Quell’establishment che ieri, nonostante i fischi e le urla degli “arrabbiati” ha continuato la solita litania politica. Dopo il successo di Pahor si è rifatto vivo il Partito socialdemocratico (Sd) che con il suo presidente Igor Lukši› ha profetizzato una rapida caduta del governo Janša lanciando un appello alla sfilacciata sinistra slovena.

Chiara l’allusione a Slovenia Positiva (che ha appoggiato Türk alle recenti presidenziali) e guidata dal sindaco di Lubiana Zoran Jankovi„, anche lui in odore di corruzione. E che la protesta non sia un fatto episodico o isolato non lo dimostrano solo le piazze piene di “arrabbiati”, ma anche l’enorme astensionismo alle presidenziali di domenica. Hanno votato su 1.711.466 aventi diritto solo 717.894, pari al 40%. A Pahor sono andati 474.309 voti. Nel 1997 Milan Ku›an che venne eletto al primo turno ricevette 100mila suffragi in più. Altri tempi, stessi politici. E la gente è stufa. Da notare che per Pahor (Sd) ha votato il 95% dei democratici (Sds) di Janša che si è recato alle urne, l’83% dei popolari (Sls), di Nuova Slovenia (Nsi) e della Lista Virant, tutti dello schieramento di centrodestra al governo. Insomma una sorta di voto non pro-Pahor, ma contro il suo avversario Türk, nello spirito di “muoia Sansone e tutti i filistei”. Ma a questo punto viene da chiedersi quanti andrebbero a votare se ci fossero le elezioni anticipate? Qui non ci sono grillini, ma solo “arrabbiati”, disoccupati e poveri. La polveriera è stracolma.

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