Cormons ricorda i soldati dimenticati della Grande guerra
Una mostra per denunciare che non esiste un cippo in memoria dei 250 morti con la divisa austroungarica

CORMONS. Pietro Maghet fu il primo cormonese a morire nella prima guerra mondiale. Cadde nel primo assedio della fortezza di Przemysl il 6 ottobre 1914 ma nessun monumento o lapide lo ricorda. Vestiva infatti l’uniforme dell’esercito austroungarico ed è quindi considerato un nemico. E come lui altri 250 cormonesi che tra il 1914 e 1915 sono stati chiamati alle armi dall’Austria e non hanno fatto più ritorno.
Questi soldati dimenticati cominciano ad essere ricordati nei propri paesi d’origine. A Cormons il prossimo 2 novembre, a fianco delle manifestazioni ufficiali del Comune che deporrà corone nei cimiteri del capoluogo e delle frazioni, La Società Cormonese Austria allestirà una mostra fotografica sui monumenti ai “Caduti della Grande guerra nei paesi del Friuli italiano e austriaco”. L’obiettivo è principalmente quello di ricordare i soldati dimenticati, cioè coloro che, residenti nell’allora Contea di Gorizia, arruolati nell’esercito austro-ungarico combatterono sui fronti austriaci e in particolare su quello russo. Molti morirono, vennero sepolti nei cimiteri di guerra - nella sola Galizia furono 2.818 - e dimenticati da tutti eccetto dai loro familiari, che in tanti casi non hanno neppure saputo dove vennero sepolti. Da una indagine che la Società Cormonese Austria da alcuni anni sta effettuando negli archivi di Vienna sarebbe tra i 30 e i 35mila gli italiani residenti nel Trentino Alto Adige, nelle province di Gorizia e Trieste e nell’Istria, che morirono con la divisa austro-ungarica. Per loro, salvo qualche rara eccezione nei comuni di Romans, Gradisca, Staranzano e Aiello, è sceso l’oblio complice anche il ventennio fascista che considerava traditori chi aveva combattuto contro l’Italia. “La mia gente aveva fatto battaglia inutili sui Carpazi, su tutti i fronti di guerra dell’Austria - aveva scritto il poeta e scrittore Celso Macor -. Di tanto sangue sprecato non aveva neppure il diritto di parlare. Anche una croce si è negata a chi ha perduto. I miei vecchi erano soldati di una delle quattordici etnie del Kaiser. Dunque, silenzio”.
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