Il primo nucleo dell'odierna Ferriera di Servola viene insediato nel 1897 a opera della Società Industriale della Carniola (Krainische Industrie Gesellschaft) per la produzione di ghisa e ferroleghe. Entrano in funzione l’altoforno, quindi la cokeria e il laminatoio, che continua a lavorare, con fortune alterne, fino ai primi anni Sessanta.
Nel 1931, dopo la grande crisi economica del ’29 che aveva messo in ginocchio la Venezia Giulia, lo stabilimento è rilevato dall’Ilva, che lo ammoderna con due nuovi altoforni: tra il ’37 e il ’39 gli operai passano da 910 a 1670. Nel 1961, con la fusione tra l’Ilva e Cornigliano di Genova, nasce l’Italsider, che assume il controllo del polo. L’acciaieria è stata dismessa nel 1962 ma lo stabilimento si è dotato nel frattempo di una fonderia di lingottiere, attiva fino al 1964. Dopo l’Ilva, sempre in mano pubblica, Servola passerà attraverso la Nuova Italsider (1981) quindi la Terni spa.
Nel 1982 comincia il processo di privatizzazione, con la costituzione di una società ad hoc, l’Ait (società attività industriali triestine) della Terni-Acciai speciali. Nell’89 la Ferriera viene acquisita dal gruppo Pittini con capitali anche di Ilva e Regione. L’imprenditore friulano investe pesantemente nel complesso, circa 300 miliardi: rifà l’altoforno e costruisce una nuova acciaieria a colata continua, mantenendo allo stabilimento l’esclusiva della produzione di pani di ghisa in Italia. La grave crisi del mercato del ’93 non gli permette però di rientrare dei suoi capitali e alla Ferriera subentra una gestione commissariale, affidata a Giampaolo de Ferra, con il graduale blocco degli impianti, ad eccezione della cokeria.
Nel ’92 il Gruppo Lucchini acquisisce il complesso siderurgico di Piombino, quindi, nel 1995, la Ferriera di Servola, le cui linee produttive progressivamente riprendono a funzionare. Nonostante altri investimenti cospicui, entrambi i poli non riescono a decollare, tranne brevi parentesi positive nel ’95 e nel ’98.
La Ferriera ha una vita travagliata. Le accuse di grave inquinamento ambientale e rischi per la salute con l’emissione di polveri sottili e diossina mettono in croce lo stabilimento, che finisce spesso nelle aule dei tribunali tra sequestri e dissequestri. Nel 2002 viene chiusa l’acciaieria e l’impianto si regge grazie ad altoforno, cokeria e alla centrale termoelettrica, alimentata dai gas di risulta che vengono ceduti in regime di Cip6, a tariffazione agevolata. La centrale oggi è in mano a Elettra.
Nel febbraio 2005 il gruppo russo Severstal, del miliardario Alexey Mordashov, acquisisce il 62 per cento della Lucchini, arrivando progressivamente fino al 70%. Nel 2010 Lucchini si arrende al russo, uno dei cento uomini più ricchi del mondo, cedendogli il residuo 20 per cento dello stabilimento ancora in mano sua.
Arianna Boria