Afghani in Carso. «Siamo in Francia?»
L’odissea di tre famiglie (anche 6 bambini) fermate a Banne dopo un viaggio massacrante. Nascoste in un tir

di Corrado Barbacini
In fuga dalla guerra sono arrivati fino a Trieste. Tredici clandestini afghani sono stati trovati l’altro pomeriggio dagli agenti della polizia di Frontiera nella zona di Banne lungo la “202”. Camminavano in fila. C’erano donne e bambini anche piccoli. In tutto tre famiglie che due mesi fa avevano deciso di fuggire da quel Paese martoriato dalle bombe. Quando hanno visto le auto della polizia si sono messi in mezzo alla strada e hanno alzato le braccia per farsi notare e chiedere aiuto. Ma a notare quella fila di persone era stato poco prima un automobilista che poi ha chiamato il 113.
Così è finita la loro odissea. Ma drammaticamente si è aperto a Trieste un nuovo fronte. Quello dell’emergenza immigrazione al confine nord orientale. Non più solo quello del Sud, delle coste di Lampedusa, con l’arrivo di migliaia di disperati provenienti dalla Libia sui barconi, ma anche il Nord-est e in particolare il confine della provincia di Trieste. «France, France?»: leggendo un foglio stropicciato uno di quei disperati ha chiesto in lingua francese agli agenti se erano arrivati, appunto, in quel Paese d’oltralpe. «Siamo in Italia, non in Francia», hanno risposto i poliziotti. Così all’improvviso, la delusione: hanno capito che erano stati beffati dal camionista che poche ore prima li aveva scaricati.
Poi i tredici afghani sono stati accompagnati a bordo di un pullmino al distaccamento di Opicina della Frontiera. Lì hanno potuto mangiare e bere e soprattutto hanno trovato un giaciglio dove riposarsi per qualche ora, dopo un viaggio da bestie. E sono stati interrogati. Ma, da quanto si è saputo, sono emersi pochi particolari sul loro viaggio della speranza. Per settimane i giovani clandestini fermati a Banne sono stati costretti a viaggiare nella pancia soffocante del tir: pigiati in pochi metri quadrati non riuscivano nemmeno a muoversi. Niente cibo, solo qualche bottiglia d'acqua e un angolo dove fare i bisogni. Affamati, alcuni debilitati, poco vestiti. Gli sguardi persi. Mai una doccia.
«Nessuna delle persone fermate ha chiesto asilo politico», ha dichiarato un agente della Polizia di frontiera. Si è saputo poi che molti dei clandestini fermati sono stati interrogati con l'assistenza di un interprete. Si è saputo solo che a tutti poi è stato notificato un provvedimento di espulsione da parte del questore. Hanno sette giorni di tempo per lasciare l’Italia. Dalle prime indagini degli investigatori della polizia di Frontiera si è saputo che i clandestini in fuga dagli orrori dell’Afghanistan erano arrivati poche ore prima a Banne nascosti nel rimorchio di un autoarticolato. E in quel rimorchio sistemato nella stiva della nave erano rimasti nascosti per tutta la traversata. Il mezzo, così hanno ipotizzato gli investigatori della Frontiera, era stato sbarcato in porto da un traghetto turco. Ed è probabile che i 13 afghani (erano senza documenti) abbiano viaggiato addirittura nascosti all’interno del carico, tra le merci trasportate, per sfuggire ai controlli che vengono sempre più spesso attivati proprio all’interno delle navi turche. Il conducente dell’autoarticolato, nel timore di essere scoperto dai poliziotti impegnati nei controlli di retrovalico, li ha fatti scendere a poche centinaia di metri dall’autoporto di Fernetti dove era giunto proveniente dallo scalo marittimo. Il viaggio degli afghani, così hanno verbalizzato i poliziotti della Frontiera, era iniziato due mesi fa con tappe in Iran e poi in Turchia, dove appunto - con la complicità di un camionista ed erano stati nascosti nel rimorchio imbarcato poi nel traghetto.
Quella scoperta, da un lato, ha messo fine al viaggio da incubo degli esausti extracomunitari ma dall'altra, però, ha mandato definitivamente in frantumi il loro sogno di raggiungere l'Eldorado. Un sogno ambizioso per il quale a ciascun immigrato era stato chiesto un prezzo altissimo, se rapportato alle retribuzioni medie percepite nei poverissimi Paesi d'origine: dai 6 agli 8 mila euro. Soldi, ovviamente, da consegnare in contanti e prima della partenza, avvenuta per tutti a Istanbul. Nella città turca, hanno spiegato alcuni clandestini al momento dell'identificazione, i referenti dell'organizzazione criminale a cui è stata affidata la regia del viaggio della speranza, avevano allestito una sorta di centro di raccolta. Qualcuno ci è arrivato dopo settimane di cammino a piedi. Altri invece hanno coperto la distanza che separa la Turchia dagli sperduti villaggi di provenienza a bordo di sgangherati vagoni ferroviari.
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