I giudici di pace in sciopero Niente udienze per 10 giorni
A Trieste la pianta organica del Ministero prevede che quattordici magistrati siano in servizio nell’Ufficio di via del Coroneo, sede da sempre dei giudici di pace. Al momento operano invece in questa struttura solo quattro magistrati. In sintesi cinque al posto dei quattordici previsti, mentre un’altra pianta organica più recente - ma bocciata dal Consiglio di Stato - ne prevedeva in servizio ben ventisette
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TRIESTE. Niente udienze per dieci giorni. Né civili, né penali. Lo hanno deciso anche a Trieste i giudici di pace che con questo gesto, che li accomuna ai colleghi di tutta Italia, intendono richiamare l’attenzione dei cittadini e delle forze politiche sullo stato di disagio in cui sono costretti a operare da anni. A Trieste la pianta organica del Ministero prevede che quattordici magistrati siano in servizio nell’Ufficio di via del Coroneo, sede da sempre dei giudici di pace.
Al momento operano invece in questa struttura solo quattro magistrati, coordinati da Francesco Pandolfelli. In sintesi cinque al posto dei quattordici previsti, mentre un’altra pianta organica più recente - ma bocciata dal Consiglio di Stato - ne prevedeva in servizio ben ventisette.
Altrettanto grave è la situazione nelle cancellerie dove, per il blocco delle assunzioni, chi va in pensione o di dimette non viene sostituito, Inoltre il Ministero non organizza più concorsi. Il personale ausiliario lavora con un organico ridotto al 60 per cento, mentre i cancellieri sono due quando dovrebbero essere quattro.
A Trieste diecimila provvedimenti sono stati assunti nell’ultimo anno dal ridottissimo numero di giudici di pace in servizio. In alcuni mesi erano rimasti in tre. Va aggiunto che nemmeno il superlavoro svolto ha offerto loro una adeguata contropartita economica. Lo Stato ha fissato un tetto massimo alle loro spettanze e lo ha posto a 120 mila euro lordi. Se il lavoro è maggiore, i magistrati giocoforza devono fare volontariato. Lavorare gratis. Va inoltre spiegato che non hanno diritto alla tredicesima e che non percepiscono una pensione per l’attività svolta come magistrati onorari.
«Finora abbiamo risposto alla domanda di Giustizia che viene dal Paese. I nostri tempi di decisione non si sono dilatati. Ma a livello romano si parla con sempre maggiore insistenza di una riforma che dovrebbe accorpare in una unica categoria i giudici di pace, i giudici onorari di Tribunale e i vice pretori onorari» spiega Francesco Pandolfelli. «Al contrario noi siamo sempre stati autonomi. Non ha senso, a mio giudizio, rivedere un istituto che a detta anche dell’Associazione nazionale magistrati, sbriga il trenta per cento del numero complessivo dei fascicoli. L’astensione di dieci giorni è direttamente collegata alla protesta per questi ventilati cambiamenti in peggio. Siamo decisi ad andare avanti anche con astensioni più massicce... Il Governo non può valutare l’esercizio della Giustizia come un costo. È invece un servizio per i cittadini, esattamente come la sanità. E io non posso assistere tacendo allo sfaldamento di qualcosa che funziona...»
Che la situazione dei giudici di pace sia difficile lo testimonia anche il grande ritardo con cui vengono pagati. «Parlo per me - dice Pandolfelli - ma da ottobre non vedo un euro. La situazione degli altri colleghi non è dissimile. Lavoriamo per senso dello Stato, per responsabilità verso i cittadini. Possiamo anche capire che le casse dell’erario sono in sofferenza, ma ciò che mi appare intollerabile è che questa situazione si sia incancrenita e che per risolvere il problema si voglia attuare una riforma che accorpa ai livelli retributivi più bassi tutti i magistrati onorari. I giudici di pace stanno dando tra tante difficoltà una buona prova di efficienza. Ed è questa efficienza che vogliamo salvaguardare. Altre agitazioni sono allo studio all’interno degli organismi rappresentativi di categoria: qualcuno di noi prenderà per l’ennesima volta la parola alle imminenti cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario. Spero che qualcuno ci ascolti...»
RIPRODUZIONE RISERVATA
Al momento operano invece in questa struttura solo quattro magistrati, coordinati da Francesco Pandolfelli. In sintesi cinque al posto dei quattordici previsti, mentre un’altra pianta organica più recente - ma bocciata dal Consiglio di Stato - ne prevedeva in servizio ben ventisette.
Altrettanto grave è la situazione nelle cancellerie dove, per il blocco delle assunzioni, chi va in pensione o di dimette non viene sostituito, Inoltre il Ministero non organizza più concorsi. Il personale ausiliario lavora con un organico ridotto al 60 per cento, mentre i cancellieri sono due quando dovrebbero essere quattro.
A Trieste diecimila provvedimenti sono stati assunti nell’ultimo anno dal ridottissimo numero di giudici di pace in servizio. In alcuni mesi erano rimasti in tre. Va aggiunto che nemmeno il superlavoro svolto ha offerto loro una adeguata contropartita economica. Lo Stato ha fissato un tetto massimo alle loro spettanze e lo ha posto a 120 mila euro lordi. Se il lavoro è maggiore, i magistrati giocoforza devono fare volontariato. Lavorare gratis. Va inoltre spiegato che non hanno diritto alla tredicesima e che non percepiscono una pensione per l’attività svolta come magistrati onorari.
«Finora abbiamo risposto alla domanda di Giustizia che viene dal Paese. I nostri tempi di decisione non si sono dilatati. Ma a livello romano si parla con sempre maggiore insistenza di una riforma che dovrebbe accorpare in una unica categoria i giudici di pace, i giudici onorari di Tribunale e i vice pretori onorari» spiega Francesco Pandolfelli. «Al contrario noi siamo sempre stati autonomi. Non ha senso, a mio giudizio, rivedere un istituto che a detta anche dell’Associazione nazionale magistrati, sbriga il trenta per cento del numero complessivo dei fascicoli. L’astensione di dieci giorni è direttamente collegata alla protesta per questi ventilati cambiamenti in peggio. Siamo decisi ad andare avanti anche con astensioni più massicce... Il Governo non può valutare l’esercizio della Giustizia come un costo. È invece un servizio per i cittadini, esattamente come la sanità. E io non posso assistere tacendo allo sfaldamento di qualcosa che funziona...»
Che la situazione dei giudici di pace sia difficile lo testimonia anche il grande ritardo con cui vengono pagati. «Parlo per me - dice Pandolfelli - ma da ottobre non vedo un euro. La situazione degli altri colleghi non è dissimile. Lavoriamo per senso dello Stato, per responsabilità verso i cittadini. Possiamo anche capire che le casse dell’erario sono in sofferenza, ma ciò che mi appare intollerabile è che questa situazione si sia incancrenita e che per risolvere il problema si voglia attuare una riforma che accorpa ai livelli retributivi più bassi tutti i magistrati onorari. I giudici di pace stanno dando tra tante difficoltà una buona prova di efficienza. Ed è questa efficienza che vogliamo salvaguardare. Altre agitazioni sono allo studio all’interno degli organismi rappresentativi di categoria: qualcuno di noi prenderà per l’ennesima volta la parola alle imminenti cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario. Spero che qualcuno ci ascolti...»
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