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I cattolici ai politici: "Città statica, bisogna sfuggire al declino"

Attacco frontale del mondo cattolico alle politiche per la città: la società civile richiede un’inversione di rotta. Il vescovo Giampaolo Crepaldi: dobbiamo trovare insieme risposte al tema della coesione sociale

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Il vescovo Giampaolo Crepaldi  
Attacco frontale del mondo cattolico alle politiche per la città, al declino economico. Si è riunito ieri alla Stazione marittima, nella prima tavola rotonda pubblica organizzata dalla sua costituzione della scorsa estate, il Forum delle persone e associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro con la partecipazione di una decina di associazioni e movimenti, dalle Acli alla Cisl, dall’Unione cristiana imprenditori dirigenti al Movimento cristiano lavoratori. E con la partecipazione del vescovo Giampaolo Crepaldi che - prima delle conclusioni affidate a Natale Forlani, portavoce del Forum nazionale e direttore generale dell'Immigrazione nel ministero del Lavoro e delle Politiche sociali - ha portato un proprio saluto e alcune considerazioni.

«Trieste è statica e quasi abbandonata a se stessa - è stato l’affondo di Gian Piero Gogliettino, portavoce del Forum -, si vuole finalmente far qualcosa sul Porto, sui mercati emergenti dell’Est, sulle infrastrutture, oppure vogliamo arrivare alla completa desertificazione demografica?».

Sottolineando che il Forum non è «politico» nel senso di appartenenza partitica, e che il suo scopo è etico e sociale nell’affrontare i temi dell’economia e del lavoro, Gogliettino è stato tagliente nell’analisi: «A Trieste si respirano incoerenza, rassegnazione, un tirare a campare che è tanto inaccettabile quanto inconcepibile. Pensiamo alle bonifiche: siamo fermi al 2000 quando fu istituito il Sito inquinato di interesse nazionale, da allora si è continuato a sperare con logica assistenziale di ricevere soldi dallo Stato; pensiamo alla Ferriera, deve chiudere ma è sempre lì e il Comune ha appena affossato il progetto della centrale elettrica. E la piattaforma logistica in Porto - ha insistito il portavoce -, è ferma al 2004 quando il Cipe ne annunciò il finanziamento, ma il tempo passa, secondo Assoporti lo scalo di Trieste è sceso all’ottavo posto in Italia. E la ricerca: potrebbe essere fattore di sviluppo ma produce pochi brevetti e le ”new co” che favorisce si contano sulle dita di una mano».

Gogliettino ha dato una bella scossa in avvio di dibattito: «Si vedono a Trieste i sintomi di una malattia incurabile, inarrestabile, mentre la città attende risposte e la povertà aumenta. Qui è in gioco la sopravvivenza della comunità triestina, il nostro Forum vuol fare quadrato con la classe politica, ne ha le competenze. E vogliamo una classe dirigente nuova, giovane - ha aggiunto il portavoce -, perché a Trieste regna la gerontocrazia, e la società civile richiede un’inversione di rotta». Su questi temi, è stato annunciato, il Forum presenterà un documento di priorità ai candidati alle elezioni comunali e provinciali. Priorità che consisteranno nel rilancio del porto, nelle bonifiche dele aree inquinate e nella formazione di una nuova classe dirigente.

In apertura l’assessore comunale alle Attività produttive, Paolo Rovis, aveva lanciato un appello: «Su alcune questioni-chiave non laceriamoci in campagna elettorale, mettiamoci d’accordo prima». L’assessore provinciale al Lavoro, Adele Pino, ha portato invece dei numeri allarmanti: «La crisi pesante arriva adesso anche a Trieste, aumenta la cassa integrazione in deroga per le realtà industriali piccole, gli avviamenti al lavoro sono calati del 18% tra primo e secondo semestre 2009, e dell’1% nel primo semestre 2010, ma anche se questa percentuale sembra piccola, sotto - ha aggiunto Pino - c’è una realtà pesante, perché aumentano solo i lavori interinali, i più precari (da 2250 nel primo semestre 2009 a 3424 nel 2010) e cala vistosamente l’assunzione a tempo indeterminato (da 4000 a 2429). Il problema di Trieste è che manca lo sviluppo, chi esce dal lavoro non ci rientra perché manca la dinamicità del mercato».

Tra gli altri interventi, quello di Dario Bruni, presidente di Confartigianato, che ha sottolineato «la litigiosità» insita «nel Dna» della città annotando però anche come in un territorio così ristretto qual è quello provinciale vi siano «troppe competenze».
Il vescovo ha poi richiamato un documento dei vescovi della regione che lo scorso maggio rilanciava la preoccupazione sul tema della «coesione sociale».

«Avere la consapevolezza che dobbiamo trovare insieme delle risposte a questo problema è assolutamente importante e urgente», ha detto Crepaldi aggiungendo però come i vescovi siano ben consapevoli delle competenze «di carattere limitato» che la Chiesa ha in questo capitolo. L’«indicazione» che da Crepaldi è giunta è comunque precisa: «Credo che occorra trovare un modus vivendi tra la società civile e quella politica in questa regione, concentrandosi tutti sulle questioni vere - e non su quelle campate per aria - che sono il lavoro e lo sviluppo». In questo senso, «se la società politica nel suo complesso inizia ad avere più fiducia nella società civile, allora forse un passo avanti verso la soluzione dei problemi lo faremo», ha detto il vescovo.
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