Il ponte sul Canale torna nel cassetto
Il ponte di Ponterosso non si farà, salvo sorprese. Al punto che il progetto esecutivo è stato bloccato temporaneamente oltre che ignorato dal Piano particolareggiato del centro storico attualmente al vaglio della commissione Urbanistica
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Un ponte è per sempre. Altro che diamante. «Con tutto quello che costa o resta su in eterno o non lo faccio, non butto via i soldi della gente», sospira Roberto Dipiazza. Per chi non l’avesse capito il ponte è la passerella sul canale di Ponterosso da 750mila euro immaginata tra via Cassa di Risparmio (ora in fase di riqualificazione) e via Trento (da rifare prossimamente).
Un’opera che sarebbe dovuta comparire entro la prossima estate, dando corso al continuum pedonale con mattoncini aggraziati che l’amministrazione municipale conta di realizzare tra la stazione e Campo Marzio, alle spalle delle Rive, per rivitalizzare in chiave turistica, sociale e commerciale borgo Teresiano. La costruzione del terzo ponte infatti - fortemente voluta dal Comune dopo che il sondaggio popolare sull’esperimento del Bailey di due primavere fa aveva detto che il 70% degli interpellati ne voleva uno leggero ma al tempo stesso definitivo - non è più sicura. E torna in discussione. Al punto che il progetto esecutivo, che stava procedendo felpato negli uffici tecnici del palazzo dell’Anagrafe, è stato bloccato temporaneamente oltre che snobbato dal Piano particolareggiato del centro storico attualmente al vaglio della commissione Urbanistica.
LO STOP Il motivo dello stop, dopo giorni di mezze parole e indiscrezioni, lo dà direttamente il sindaco nel ruolo di neoassessore ai Lavori pubblici, che si è autoassegnato a settembre dopo l’uscita di scena di Franco Bandelli. «L’ok della Soprintendenza al progetto - chiarisce Dipiazza - vale per cinque anni. Che succede se fra cinque anni, magari con un altro direttore regionale dei Beni culturali, con un altro sindaco, con un’altra amministrazione, si stabilisce di smontare il ponte? Non me la sento di autorizzare una spesa di un miliardo e mezzo di lire, per dirla alla vecchia. Non posso rischiare di buttare una cifra del genere se non comporta un’opera funzionale per la città».
IL PARERE La carta che ha fatto discutere su che fare il sindaco-assessore con i tecnici d’area guidati dall’ingegner Giampiero Tevini viene dalla direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, a firma dell’architetto Roberto Di Paola. È datata 27 maggio 2009. E reca come destinatario l’area lavori pubblici del Comune. È la risposta positiva, ma non al 100%, data all’epoca al Municipio, che per non inciampare nell’esame della Soprintendenza stessa aveva ipotizzato una struttura stretta a due metri e mezzo di larghezza, trasparente con balaustra e corrimani in cristallo e legno, per incidere il minimo possibile sulla prospettiva attuale di Ponterosso verso Sant'Antonio.
Si erano quindi ricordati gli obiettivi di riqualificazione della zona compreso «un percorso turistico-culturale che colleghi i grandi contenitori culturali dal Revoltella e dal Museo Sartorio e Biblioteca Civica fino ai palazzi Carciotti e Gopcevich, ovvero fino alla stazione/Porto Vecchio/Miramare», come si legge nel documento stilato dallo stesso direttore Di Paola.
Secondo il quale tuttavia «lo scenario culturale e funzionale che ne deriverebbe potrebbbe conferire plausibilità alla realizzazione dell’opera nonostante il fatto che un nuovo attraversamento costituisca una notevole alterazione dello scenario fortemente consolidato». Pertanto «l’opera dovrebbe sperimentare una riduzione del tragitto pedonale attuale, costituendo un episodio architettonico nuovo, di tipo temporaneo, inserito in un delicato complesso dichiaratamente di valenza storica e paesaggistica».
Il terzo ponte, traducendo dal burocratese, è promosso con riserva dalla direzione regionale dei Beni culturali, che «esprimendo parere non contrario alla realizzazione ritiene che il nulla osta debba essere condizionato ad una verifica nel tempo e pertanto il medesimo viene rilasciato per un periodo di cinque anni rinnovabili». Proviamo e vediamo, in sostanza. Ma provare costa come fare, fa capire il primo cittadino.
IL RILANCIO Tramonta, allora, un cavallo di battaglia del centrodestra cittadino, e in primis di colui che col tempo ne sarebbe diventato un ribelle, cioè Bandelli? Dipiazza frena: «Attenzione, nulla è perduto». E rilancia: «A breve scriverò all’architetto Di Paola chiedendogli se possibile di riformulare un parere che non sia temporaneo. Se non sarà per sempre non lo farò», non smette di ripetere il sindaco, che ricorda pure come «fortunatamente finora non si siano spesi soldi per progettare questo ponte, dal momento che stavamo facendo tutto quanto con risorse interne al Comune, senza incarichi esterni. In casa insomma».
LE ALTERNATIVE Ma a proposito di soldi, considerato che quei 750mila euro erano già messi da parte per la passerella, vincolati al 70% a erogazioni del Ministero dell’Ambiente su progetti di mobilità sostenibile, non è che se non si farà l’operazione Ponterosso finiranno in cavalleria, restando cioè a Roma? «Macché - risponde Dipiazza - con tutti i marciapiedi che si possono mettere a posto... Studieremo qualche opera alternativa che sia in linea con i dettami del Fondo di mobilità sostenibile. Non li perderemo, questi soldi».
IL PERCORSO Come la mettiamo però con la sbandieratissima direttrice pedonale già abbozzata ora con i lavori di ripavimentazione di via Cassa di Risparmio? Verrebbe a mancare un anello di congiunzione non da poco... «Duecento passi in più non cambiano la vita a nessuno - ribatte ancora il sindaco - andremmo avanti semplicemente con i nostri lavori di pedonalizzazione ricavando un percorso o sul ponte esistente su via Roma o su quello che già ricade sulle Rive. Ma lo voglio ripetere: non fasciamoci la testa ora. Vediamo che ci dice la Soprintendenza...».
Un’opera che sarebbe dovuta comparire entro la prossima estate, dando corso al continuum pedonale con mattoncini aggraziati che l’amministrazione municipale conta di realizzare tra la stazione e Campo Marzio, alle spalle delle Rive, per rivitalizzare in chiave turistica, sociale e commerciale borgo Teresiano. La costruzione del terzo ponte infatti - fortemente voluta dal Comune dopo che il sondaggio popolare sull’esperimento del Bailey di due primavere fa aveva detto che il 70% degli interpellati ne voleva uno leggero ma al tempo stesso definitivo - non è più sicura. E torna in discussione. Al punto che il progetto esecutivo, che stava procedendo felpato negli uffici tecnici del palazzo dell’Anagrafe, è stato bloccato temporaneamente oltre che snobbato dal Piano particolareggiato del centro storico attualmente al vaglio della commissione Urbanistica.
LO STOP Il motivo dello stop, dopo giorni di mezze parole e indiscrezioni, lo dà direttamente il sindaco nel ruolo di neoassessore ai Lavori pubblici, che si è autoassegnato a settembre dopo l’uscita di scena di Franco Bandelli. «L’ok della Soprintendenza al progetto - chiarisce Dipiazza - vale per cinque anni. Che succede se fra cinque anni, magari con un altro direttore regionale dei Beni culturali, con un altro sindaco, con un’altra amministrazione, si stabilisce di smontare il ponte? Non me la sento di autorizzare una spesa di un miliardo e mezzo di lire, per dirla alla vecchia. Non posso rischiare di buttare una cifra del genere se non comporta un’opera funzionale per la città».
IL PARERE La carta che ha fatto discutere su che fare il sindaco-assessore con i tecnici d’area guidati dall’ingegner Giampiero Tevini viene dalla direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, a firma dell’architetto Roberto Di Paola. È datata 27 maggio 2009. E reca come destinatario l’area lavori pubblici del Comune. È la risposta positiva, ma non al 100%, data all’epoca al Municipio, che per non inciampare nell’esame della Soprintendenza stessa aveva ipotizzato una struttura stretta a due metri e mezzo di larghezza, trasparente con balaustra e corrimani in cristallo e legno, per incidere il minimo possibile sulla prospettiva attuale di Ponterosso verso Sant'Antonio.
Si erano quindi ricordati gli obiettivi di riqualificazione della zona compreso «un percorso turistico-culturale che colleghi i grandi contenitori culturali dal Revoltella e dal Museo Sartorio e Biblioteca Civica fino ai palazzi Carciotti e Gopcevich, ovvero fino alla stazione/Porto Vecchio/Miramare», come si legge nel documento stilato dallo stesso direttore Di Paola.
Secondo il quale tuttavia «lo scenario culturale e funzionale che ne deriverebbe potrebbbe conferire plausibilità alla realizzazione dell’opera nonostante il fatto che un nuovo attraversamento costituisca una notevole alterazione dello scenario fortemente consolidato». Pertanto «l’opera dovrebbe sperimentare una riduzione del tragitto pedonale attuale, costituendo un episodio architettonico nuovo, di tipo temporaneo, inserito in un delicato complesso dichiaratamente di valenza storica e paesaggistica».
Il terzo ponte, traducendo dal burocratese, è promosso con riserva dalla direzione regionale dei Beni culturali, che «esprimendo parere non contrario alla realizzazione ritiene che il nulla osta debba essere condizionato ad una verifica nel tempo e pertanto il medesimo viene rilasciato per un periodo di cinque anni rinnovabili». Proviamo e vediamo, in sostanza. Ma provare costa come fare, fa capire il primo cittadino.
IL RILANCIO Tramonta, allora, un cavallo di battaglia del centrodestra cittadino, e in primis di colui che col tempo ne sarebbe diventato un ribelle, cioè Bandelli? Dipiazza frena: «Attenzione, nulla è perduto». E rilancia: «A breve scriverò all’architetto Di Paola chiedendogli se possibile di riformulare un parere che non sia temporaneo. Se non sarà per sempre non lo farò», non smette di ripetere il sindaco, che ricorda pure come «fortunatamente finora non si siano spesi soldi per progettare questo ponte, dal momento che stavamo facendo tutto quanto con risorse interne al Comune, senza incarichi esterni. In casa insomma».
LE ALTERNATIVE Ma a proposito di soldi, considerato che quei 750mila euro erano già messi da parte per la passerella, vincolati al 70% a erogazioni del Ministero dell’Ambiente su progetti di mobilità sostenibile, non è che se non si farà l’operazione Ponterosso finiranno in cavalleria, restando cioè a Roma? «Macché - risponde Dipiazza - con tutti i marciapiedi che si possono mettere a posto... Studieremo qualche opera alternativa che sia in linea con i dettami del Fondo di mobilità sostenibile. Non li perderemo, questi soldi».
IL PERCORSO Come la mettiamo però con la sbandieratissima direttrice pedonale già abbozzata ora con i lavori di ripavimentazione di via Cassa di Risparmio? Verrebbe a mancare un anello di congiunzione non da poco... «Duecento passi in più non cambiano la vita a nessuno - ribatte ancora il sindaco - andremmo avanti semplicemente con i nostri lavori di pedonalizzazione ricavando un percorso o sul ponte esistente su via Roma o su quello che già ricade sulle Rive. Ma lo voglio ripetere: non fasciamoci la testa ora. Vediamo che ci dice la Soprintendenza...».
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