L’eccezionale partecipazione al voto è la sorpresa delle primarie del Partito democratico, ben più del successo, questo invece atteso, di Veltroni. Scontato nelle terre sempre e comunque fedeli (Emilia Romagna e regioni rosse) e a Roma dove Veltroni è sindaco, merita attenzione il dato del Nord Italia. Sicuramente anche qui hanno influito i fattori che possono avere motivato a esprimere il proprio voto, e cioè l'interesse che la campagna elettorale aveva suscitato negli ultimi tempi e il bisogno di contarsi.
Dopo un avvio manualistico, infatti, la campagna elettorale aveva assunto insperata vivacità e interesse, sia per il dinamismo dei due candidati destinati a non vincere, Bindi e Letta, sia soprattutto per gli interventi non di circostanza dello stesso Veltroni, in particolare sull'attività del governo Prodi e su cosa dovrebbe fare il governo. Non bisogna dimenticare, poi, che una delle poste in gioco più pesanti in queste primarie, anche se da nessuno dichiarata, era quella di determinare il peso relativo nel Pd delle sue due principali componenti, che non sono solo due partiti (Ds e Margherita) ma anche due storie politiche che iniziano lontano nel tempo e due sistemi di valori.
E ciò non solo per interesse culturale o attaccamento nostalgico a un pezzo significativo della propria esperienza politica, ma per motivazioni più concrete sul futuro assetto del partito. Gli zoccoli duri di Ds e Margherita che hanno accettato la fusione avevano buone ragioni per recarsi a votare. Ma questo non è sufficiente per spiegare l'alta partecipazione. Dopo le delusioni di Prodi, su cui erano state poste tante attese che si proiettavano ben oltre la sconfitta di Berlusconi, e la prospettiva di uno smacco alle prossime elezioni politiche, restavano o l'abbandono fatalistico o un ultimo sforzo di volontà per dare un segnale forte.
Questo in particolare nel Nord Italia, in cui importanti componenti economiche e finanziarie sostennero Prodi nelle primarie di due anni fa e nelle elezioni del 2006. Ma il rapporto si è presto guastato. L'assenza di una rappresentanza forte nel governo, la disattenzione per i problemi dell'economia del Nord, l'incapacità di intercettare una domanda pressante di infrastrutture, di efficienza amministrativa, di controllo della spesa pubblica hanno approfondito il distacco fra maggioranza di governo ed elettori che l'avevano sostenuta. Per non parlare della ulteriore allontanamento da chi non si riconosceva nell'area dell'Ulivo. L'elezione primaria di ieri è stata colta come occasione per lanciare ancora un appello. Nonostante tutte le zavorre e i limiti, la nascita del Partito democratico è stata vissuta come la novità in cui si può ancora scommettere e da cui ci si attende un segnale di cambiamento.
Veltroni è stato abile nell'intercettare l'insoddisfazione del Nord sia spronando il governo sia facendo propri temi sui quali questa parte d'Italia è molto sensibile. Ciò è bastato per aprire una nuova linea di credito, dopo che era stata chiusa quella aperta a Prodi, ma occorreranno garanzie reali. Se anche con il Partito democratico non emergerà nei fatti la cultura riformista, sarà sempre più difficile per i partiti vecchi o nuovi che dicono di ispirarsi ad essa ottenere il consenso del Nord Italia.
Quando si analizzeranno i dati completi, compresi i voti ottenuti da ciascun candidato e dalle liste che li sostenevano, sarà possibile una valutazione politica più puntuale. Già ora, però, si può dire che, pur in una fase molto bassa per la politica e per il riformismo, è venuto un importante attestato di fiducia per il Partito democratico. A Veltroni e al nuovo partito il compito di non deludere un elettorato che va rispettato proprio perché si dimostra fedele e pronto a ricominciare.
Dopo un avvio manualistico, infatti, la campagna elettorale aveva assunto insperata vivacità e interesse, sia per il dinamismo dei due candidati destinati a non vincere, Bindi e Letta, sia soprattutto per gli interventi non di circostanza dello stesso Veltroni, in particolare sull'attività del governo Prodi e su cosa dovrebbe fare il governo. Non bisogna dimenticare, poi, che una delle poste in gioco più pesanti in queste primarie, anche se da nessuno dichiarata, era quella di determinare il peso relativo nel Pd delle sue due principali componenti, che non sono solo due partiti (Ds e Margherita) ma anche due storie politiche che iniziano lontano nel tempo e due sistemi di valori.
E ciò non solo per interesse culturale o attaccamento nostalgico a un pezzo significativo della propria esperienza politica, ma per motivazioni più concrete sul futuro assetto del partito. Gli zoccoli duri di Ds e Margherita che hanno accettato la fusione avevano buone ragioni per recarsi a votare. Ma questo non è sufficiente per spiegare l'alta partecipazione. Dopo le delusioni di Prodi, su cui erano state poste tante attese che si proiettavano ben oltre la sconfitta di Berlusconi, e la prospettiva di uno smacco alle prossime elezioni politiche, restavano o l'abbandono fatalistico o un ultimo sforzo di volontà per dare un segnale forte.
Questo in particolare nel Nord Italia, in cui importanti componenti economiche e finanziarie sostennero Prodi nelle primarie di due anni fa e nelle elezioni del 2006. Ma il rapporto si è presto guastato. L'assenza di una rappresentanza forte nel governo, la disattenzione per i problemi dell'economia del Nord, l'incapacità di intercettare una domanda pressante di infrastrutture, di efficienza amministrativa, di controllo della spesa pubblica hanno approfondito il distacco fra maggioranza di governo ed elettori che l'avevano sostenuta. Per non parlare della ulteriore allontanamento da chi non si riconosceva nell'area dell'Ulivo. L'elezione primaria di ieri è stata colta come occasione per lanciare ancora un appello. Nonostante tutte le zavorre e i limiti, la nascita del Partito democratico è stata vissuta come la novità in cui si può ancora scommettere e da cui ci si attende un segnale di cambiamento.
Veltroni è stato abile nell'intercettare l'insoddisfazione del Nord sia spronando il governo sia facendo propri temi sui quali questa parte d'Italia è molto sensibile. Ciò è bastato per aprire una nuova linea di credito, dopo che era stata chiusa quella aperta a Prodi, ma occorreranno garanzie reali. Se anche con il Partito democratico non emergerà nei fatti la cultura riformista, sarà sempre più difficile per i partiti vecchi o nuovi che dicono di ispirarsi ad essa ottenere il consenso del Nord Italia.
Quando si analizzeranno i dati completi, compresi i voti ottenuti da ciascun candidato e dalle liste che li sostenevano, sarà possibile una valutazione politica più puntuale. Già ora, però, si può dire che, pur in una fase molto bassa per la politica e per il riformismo, è venuto un importante attestato di fiducia per il Partito democratico. A Veltroni e al nuovo partito il compito di non deludere un elettorato che va rispettato proprio perché si dimostra fedele e pronto a ricominciare.
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