Addio all’attore Paolo Graziosi maestro fra teatro, cinema e tv
Aveva 82 anni ed era malato di Covid. Aveva esordito nel cinema nel 1940 e negli anni Settanta lavorò con i grandi registi

ROMA
È morto ieri a causa de Covid, a 82 anni, Paolo Graziosi, attore di cinema, maestro di teatro, volto familiare della grande tv pubblica, nato a Rimini il 25 gennaio 1940. Esordì nel cinema nel ’62, cinque anni dopo Marco Bellocchio lo volle nel cast de «La Cina è vicina» per il ruolo del mefistofelico Carlo: un personaggio che raccoglieva tutta l'ambiguità dei tempi e che fu spesso anche il tratto distintivo di un interprete che poteva però calarsi nei panni più diversi e che, proprio per la sua duttilità e la robusta scuola teatrale, diventò punto di riferimento della sua generazione. Negli anni della grande ribellione, tra il '68 e i '70, Paolo Graziosi avrebbe lavorato con i migliori esponenti del nuovo cinema italiano, da Liliana Cavani («Galileo») a Salvatore Samperi («Cuore di mamma»), sarebbe stato cercato dai «maestri» (Luigi Comencini, Francesco Rosi, Giuseppe Patroni Griffi), mantenendo sempre forte il sodalizio con Bellocchio. In realtà però la sua vocazione era profondamente legata al teatro, col quale si sarebbe misurato tutta la vita cavalcando i classici. Al Teatro Stabile del Fvg Paolo Graziosi è stato spesso protagonista: solo una volta, nel 1977 in uno spettacolo di produzione, “Roulette” di Kohout per la regia di Giorgio Pressburger. Molto spesso però è stato applaudito in spettacoli ospiti dei cartelloni: fra questi il recente “Richard II” di Shakespeare con Maddalena Crippa e la regia di Peter Stein (2017), “Quai Ouest” di Koltès con la regia di Paolo Magelli (nella sala del Teatro Sloveno, nel 2016) e la premiata “Trilogia della villeggiatura” di Carlo Goldoni per la regia di Toni Servillo nel 2010.
Furono del resto proprio il teatro e la grande letteratura a renderlo popolare nella Rai degli anni '70 tra «Ritratto di signora» e «Le affinità elettive» con registi come Vittorio Cottafavi, Sandro Sequi, Gianfranco De Bosio. Negli ultimi anni, nonostante una durissima battaglia, vinta alla fine, contro il cancro, non aveva mai rinunciato a lavorare. —
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